Bonfante a Desenzano Il trionfo del vernacolo

di Alessandra Tonizzo
Poetessa gardesana, Velise Bonfante ha fondato la Compagnia di Rivoltella
Poetessa gardesana, Velise Bonfante ha fondato la Compagnia di Rivoltella
Poetessa gardesana, Velise Bonfante ha fondato la Compagnia di Rivoltella
Poetessa gardesana, Velise Bonfante ha fondato la Compagnia di Rivoltella

Il sacro nel (tra)secolare. Questo, il vernacolo, che fiotta con l’arrabbiatura, sibila i segreti e parla i sogni. A tradurlo è come spiegar la fede: quali, altre, parole? L’asceta del nostro dialetto, Velise Bonfante – fondatrice della Compagnia di Rivoltella, tomboleggia: una quarantina di sketch, una ventina di commedie, a decine le pubblicazioni... – le trova comunque. Il suo poetare, da ultimo, il «Fil che liga - Fiocco che lega», ha testi a fronte di disarticolante bellezza; e pensare che fu pensato «en bresà»; di più, prima del cogito: una preghiera, nel gorgo del gergo. Assieme al prontuario «Come se faa e come se fa - Così si faceva, così si fa», il «Fil» sarà annodato oggi alle 16.30 a Villa Brunati, in via Agello 5, Desenzano del Garda; prenotazioni a desenzano.movingminds.net/desenzano.asp); presentati da Zanola – letture per Onofrio e Marai, musiche di Franzoni, Bianchi e Viotti – i due volumi in self-publishing incontreranno chi dell’idioma natio sazia e sorride. Iniziando proprio dalle liriche, che nel quaderno si contano fino a settanta – «sono le poesie premiate nel tempo, con primi, secondi e terzi premi; molte stanno nei libri precedenti (esauriti e senza ristampa), altre, riconosciute e mai edite, sono state aggiunte al corpus», dice Bonfante –, comprese le grafiche in versi. C’è tutto il mondo di V.B., condensato a mo’ di latticello, assottigliato nel «filo» d’erba e fibra. Una vibrazione naturale che dialoga dentro gli oggetti comuni e il paesaggio, visto dalla terrazza ossigenante («Longhe/ bocade d’aria/ isé stofèghe mia./ La me terasa ensima ai cóp/ l’è la poesia»// «Lunghe/ boccate d’aria/ per non soffocare./ La mia terrazza sui tetti/ è la poesia»). Chiacchiericci tra pianelle e ciabatte e meditazioni sul tempo, camminato, infiocchettato con amore parsimonioso a mo’ di stuoia protettiva («I zonte e i mèsie tra de lur/ sensa vardà i culur./ A forsa de ligà, entresà, engropà/ gh’è vignit föra en bel tapé/ che dopraró/ per smulsinà i pas de chi me öl be»// «Li unisco, mescolandoli,/ senza badare ai colori./ Continuando a legare, intrecciare, annodare/ ho realizzato un bel tappeto/ che userò/ per addolcire i passi ai miei cari»). La poetessa, i suoi San Martì, son abituati a traslocare su carta le tenerissime frequenze di ere geografiche a ritmo lento, una valigia per volta, a mano, di palmo in palmo: «Finit. Adès/ ghe manca apéna el gat./ Töt vöt»// «Finito. Ora/ resta solo il gatto./ Tutto vuoto». Ma la dispensa s’affolla, di scaramantici preparati. «Come se faa e come se fa - Così si faceva, così si fa» racconta l’imbastitura di birra, torrone, pane, burro e miele. La mela chiodata contro l’anemia, le candeline per il mal d’orecchi. Smacchiare, tingere, massaggiare, pettinare, disinfestare. «Come si faceva e come si fa tutto quel fare particolare che ora non si fa più – conferma l’autrice –; usanze popolari e metodi utilizzati una volta nel territorio del basso Garda e nella provincia bresciana». Cose da ricordare o replicare o recitare, mentre si spaura della sparizione degli amblèt e della polenta zuccherata; qualcuno tornerà a prendere i bagni di rugiada, a metter fecola sulle patacche d’unto, a macerare croste di formaggio nella grappa? Sapere il rammendo regolamentare e riconoscere l’unghie, spuntate e sciupate, del pollo vecchio son lussi di un mondo padano che non usa più il prezzemolo fresco per alzare i bambini, eppure ancor bestemmia il «diaol» nella lingua delle filastrocche loro.•.

Suggerimenti