LA MOSTRA

I tappeti di Zaleski conquistano il Castello

di Eugenio Barboglio
Dal 1° aprile al 5 novembre manufatti del Turkestan di grande valore e opere al Grande Miglio. Una parte della collezione dialogherà con l’arte contemporanea
L’opera Thinkerbell di Letizia Cariello
L’opera Thinkerbell di Letizia Cariello
L’opera Thinkerbell di Letizia Cariello
L’opera Thinkerbell di Letizia Cariello

Al piano superiore del Grande Miglio, completata la ristrutturazione sul «filo di lana», dal 1° aprile aprirà la mostra «I nodi dei giardini del paradiso». Si tratta di una selezione dei preziosissimi tappeti della collezione Zaleski che il finanziere donò tempo fa alla Fondazione Tassara, che oggi li gestisce. E che ha promosso questa mosta in Castello in collaborazione con Fondazione Brescia Musei.

Non sono tutti i tappeti della collezione, non ci starebbero, non ci staranno neppure nel museo ad hoc che la Tassara sta realizzando in via Privata De Vitalis. Anche lì sarà una selezione, anche se più ampia, e trasversale alle epoche. Nel caso della mostra in Castello, che rientra nel programma di Bergamo e Brescia capitale italiana della cultura, i manufatti provengono invece tutti dall’area del Turkestan. Non occuperanno la scena in via esclusiva, ma dialogheranno con l’arte contempotanea nell’allestimento curato da Letizia Cariello e da Roberto Valagussa, già direttore dell’Accademnia Carrara di Bergamo.

Opere d'arte di artisti legati al tessile, da Alighiero Boetti a Herta Ottolenghi Wedekind

Accanto ai 35 tappeti, si diceva, opera d’arte di artisti legati al tessile, come Alighiero Boetti e Herta Ottolenghi Wedekind, che insieme alla proiezione multimediale su un grande schermo a vela di Wladimir Zaleski, costituiranno un’unica e inedita installazione site specific. Uno «spazio morbido», fatto di stoffa, fili, corde tese e tappeti appesi come stendardi o gonfaloni qualche metro sopra le giubbe rosse e il cointestatissimo grande busto di Mussolini del sottostante museo del Risorgimento. Parallelamente alla mostra a Brescia è stata organizzata a Bergamo la seconda edizione di Hortus Conclusus, con l’apertura di tre palazzi antichi di città alta, Palazzo Agliardi, Palazzo Terzi, Castello di Valverde, facenti parte del programma delle Dimore storiche.

Saranno parti costituenti di una grande e articolata opera di arte contemporanea

All’interno dei palazzi saranno proposti 13 tappeti molto rari, risalenti ai secoli XVI e XVII. Il titolo della rassegna bresciana rinvia ai fili dei tappeti annodati attorno alla trama e all’ordito. Rievocano terreni magici, paradisiaci, luoghi del sacro e della preghiera, ambienti caldi e confortevoli, oasi nel deserto. Sottolinea Valagussa: «È una mostra che vuole ricordare il millenario legame tra Oriente e Occidente, le città mitiche di Bukhara, Samarcanda, o Tashkent, la cultura misteriosa e affascinante dei nomadi. Senza dimenticare le donne che oggi in Afghanistan combattono per la loro dignità».

Letizia Cariello, curatrice della mostra, osserva che «i preziosi tappeti vengono presentati non in un allineamento tradizionale di ispirazione museale, ma diventano a loro volta parti costituenti di una grande e articolata opera di arte contemporanea. Si tratta di un Gesamtkunstwerk, opera d’arte totale, costituito sostanzialmente da quattro elementi insediati l’uno nell’altro a formare una sorta di Matrioska offerta allo spettatore, in modo da invitarlo a diventare attore e, infine, parte costituente dell’installazione complessiva»

Suggerimenti