IL LUTTO

Brescia piange Ferlinghetti, poeta icona della beat generation

di Elia Zupelli
Brescia piange Ferlinghetti
Brescia piange Ferlinghetti
Brescia piange Ferlinghetti
Brescia piange Ferlinghetti

L'universo trattiene il suo respiro C'è silenzio nell'aria. La vita pulsa ovunque.  La cosa chiamata morte non esiste”. Un mucchio di immagini spezzate si sono riassemblate di colpo on the road nella quasi primavera di San Francisco per ricordare che anche il sogno degli immortali finisce con un lungo addio: Lawrence Ferlinghettii, poeta, artista, icona della beat generation e vate della controcultura americana – figlio di Lyons Albertine Mendes-Monsanto e Carlo Ferlinghetti, nato a Brescia nel  1872  in Contrada delle Cossere – si è spento nella sua casa in California all’età di 101 anni. Ne avrebbe compiuti 102   il 24 marzo.

 

Come ha riferito il figlio Lorenzo,  la causa del decesso del poeta è stata una polmonite, che se l’è beffardamente portato via dopo oltre un secolo in transito su questa terra senza mai lesinare eccessi e viaggi extrasensoriali. Nato a New York nel 1919, suo padre morì senza averlo mai potuto abbracciare; visse alcuni anni a Manhattan, prima di arruolarsi in marina mentre divampava la seconda guerra mondiale, finendo un giorno per trovarsi tra le rovine di Nagasaki dopo lo scoppio della bomba atomica  (''l'inferno in terra che mi rese all'istante pacifista per tutta la vita'', dirà). Poi la fuga a Parigi, direzione  Sorbona, quindi il ritorno negli States, dove aprì la libreria “City Lights”, come il film di Chaplin, che propiziò il catartico incontro con i pionieri della Beat: tra i vari Kerouac, Ginsberg, Burroughs, e gli altri dissoluti commensali del pasto nudo, lui era quello che portava i capelli corti (''dovevo essere a posto e in me per mandare avanti tutto e aprire ogni mattina la libreria'').

 

Tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 il Museo di Santa Giulia gli dedicò la mostra “A Life: Lawrence Ferlinghetti. Beat Generation, ribellione, poesia”, sulle tracce artistiche e personali di quella lunga e tortuosa ricerca che qualche anno pima, nel 2005, l’avevano portato a scoprire la casa di nascita del padre (a Brescia appunto), partito per emigrare giovanissimo negli Stati Uniti. La sua autobiografia, pubblicata in America in occasione dei 100 anni, si conclude così: ''Little Boy, cresciuto da romantico contestatore, ha conservato la sua giovanile visione di una vita destinata a durare per sempre, immortale come lo è ogni giovane, convinto che la sua identità speciale non morrà mai”.

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