Buzzati e il futuro atteso che arriva quando è tardi

Un ritratto di Dino Buzzati
Un ritratto di Dino Buzzati
Un ritratto di Dino Buzzati
Un ritratto di Dino Buzzati

«Il deserto dei Tartari» di Dino Buzzati fu pubblicato nell’aprile del 1940, cioè con l’Europa già in guerra e l’Italia in procinto d’entrarci. Il tenente di prima nomina Giovanni Drogo raggiunge la destinazione assegnatagli col desiderio di mettersi in mostra. Ma la Fortezza Bastiani, ultimo avamposto ai confini settentrionali del Regno, che domina il Deserto dei Tartari, com’è chiamata la desolata pianura attraversata in passato da nemici, ormai non rappresenta più nulla. Drogo rinuncia però a un possibile trasferimento, catturato dalla malia di un luogo che intrappola i militari in attesa del nemico. La battaglia arriverà e gli darà l’occasione per mettersi alla prova: l’unica che possa dare uno scopo e un senso alla sua vita. Nell’attesa, Drogo consuma i suoi giorni segnati da piccoli episodi che preludono a qualcosa che però non avviene mai. Dopo trent’anni di servizio, prima come maggiore e poi come vicecomandante della Fortezza, quando una malattia lo consuma fino a costringerlo a letto, ecco l’avvenimento atteso: la guerra contro il Regno del Nord. Ma all’arrivo dei rinforzi alla Fortezza Bastiani, il comandante fa trasferire Drogo ormai avanti negli anni e malato. I Tartari non arriveranno mai più, oppure, beffardamente, arriveranno quando la vita ci avrà consumato del tutto: troppo vecchi per alzarci e combattere. Ormai prossimo alla fine, Drogo viene allontanato dalla fortezza finalmente in stato di guerra. E la guerra non è per lui. Le sue labbra ormai avvizzite cercano inutilmente un po’ d’acqua: la vita, infine. Ma tutto scivola via fra le sue dita vecchie e incapaci di assicurargli un futuro che s’è frantumato prima di arrivare. Buzzati scarnifica il tema dell’attesa con una drammaticità narrativa rintracciabile solo ne «Il Rinvio» di Sartre.

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