Cose che sono felici di essere delle cose

di M.GR.

L’illusione pareidolitica (dal greco ...èidōlon, "immagine", col prefisso ...parà, "vicino") è l'illusione subcosciente che tende a ricondurre forme e figure a volti umani. Lo sa bene “Cose che sono felici di essere cose”, un profilo Instagram che raccoglie una selezione di oggetti (dai pomelli delle porte alla frutta, dai pavimenti alle cinture, dalle poltrone alle lavatrici) che paiono sorridere o esprimere, comunque, emozioni umane. Nato su Facebook nel 2015 e con un profilo Instagram dal 2017, il profilo è una raccolta di contributi fotografici dei follower che scorgono negli oggetti la felicità e altri stati d’animo dell’uomo. E così una cintura ride, due lavatrici si trasformano in un buffo personaggio che sembra uscito dai cartoni animati, le manopole di un forno ricordano gli occhi, un campanello sembra perplesso, tutto sembra prendere forma e umanizzarsi. C’è anche una città romena che rappresenta alla perfezione il concetto di pareidolia, Sibiu, con le sue case dai tetti che scrutano. Ogni antico edificio, dal tetto spiovente e facciata dallo stile gotico, vanta una serie di finestrelle che ricordano un occhio inquisitore dalle palpebre pesanti, che scruta dall’alto della soffitta locale. Con la pareidolia anche l’arredo e l’architettura esprimono sentimenti attraverso un’illusione subcosciente che non è volontaria, ma istintiva. Pare, infatti, che la sua origine sia adattiva e che risalga addirittura alla preistoria. L’uomo ha da sempre la tendenza a rappresentare il mondo esterno attraverso schemi mentali precisi. Questa percezione aleatoria è il frutto di un bisogno preciso: rendere familiare e ricondurre a figure conosciute tutto ciò che ci circonda. M.GR.

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