Da quando il Divin Codino non gioca più

di A.TU.
Nicolò Belandi, disegnatore, e Mattia Ferri, autore del volume
Nicolò Belandi, disegnatore, e Mattia Ferri, autore del volume
Nicolò Belandi, disegnatore, e Mattia Ferri, autore del volume
Nicolò Belandi, disegnatore, e Mattia Ferri, autore del volume

Che cos’è l’impossibile? Un nome: Roberto Baggio. E uno sport, il calcio, perché quel rettangolo verde è il confine tracciato per spingerci con il corpo e con la mente al limite delle umane facoltà. In questo laboratorio dell’assurdo il divin codino si è gettato di petto, senza cautele o tentennamenti: lo racconta il graphic novel «Roberto Baggio. Credere nell’impossibile», scritto da Mattia Ferri e disegnato da Nicolò Belandi per Becco Giallo. Il libro sarà presentato oggi alle 17.30 alla fumetteria Manicomix, in corso Palestro 19: una storia mondiale, italiana, bresciana. Baggio cambiò molte divise e fece parte di quasi tutti i maggiori club nazionali, ma fu in maglia biancazzurra che salutò il calcio dopo vent’anni di attività. «LA GIOIA più grande della mia carriera è stata arrivare a trensasette anni e mezzo sapendo di aver compiuto l’impossibile per vent’anni» avrebbe detto. Questo affascina di Baggio, questo lo rende amato e conosciuto al di sopra di tanti giocatori altrettanto o persino più bravi: la fantasia con cui superava gli avversari in soffice dribbling, segnava da posizioni e in situazioni inconcepibili, ribaltava risultati all’ultimo minuto. Fantasia scambiata forse da alcuni allenatori per capriccio e instabilità, per cui spesso esitarono a schierarlo pur ammettendone il genio. Ferri e Belandi rincorrono quel mutevole fraseggio lungo una narrazione non lineare, scandita non dagli anni ma dai piedi del giocatore, chiave per decifrarlo anche fuori dal campo. Così il capitolo «Dribbling» parla sia dei magici tocchi che della tenacia nel superare la difficile riabilitazione dopo gli infortuni; «Finte e controfinte» sono cifra del suo gioco come della sua giocosa personalità, mentre gli impeccabili «Assist» ci dicono qualcosa della generosità di uomo e amico. Una sezione è dedicata agli allenatori: proprio a Brescia, con Carlo Mazzone, si instaurò un rapporto di particolare affetto e rispetto. Ad aprire e chiudere il racconto quel Mondiale 1994: decisivo fino alla finale, Baggio sbagliò l’ultimo rigore, consegnando il titolo al Brasile. Possibile? Crudeltà del calcio, allegoria della vita: lavorare per un sogno e poi vedere tutto sciogliersi in un errore. Ogni pagina è colorata, pazientemente, ad acquerello. Per Baggio il calcio era una tela e il pallone la più vivace tavolozza. Il piede il suo pennello: non per niente lo chiamavano Raffaello. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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