Da Stazzema fino a Brescia

Una fucilazione eseguita nella zona di Sant’Anna di Stazzema, fra gli episodi tragici avvenuti durante la seconda guerra mondialeLa casa della Vaccareccia nel 1944, distrutta dalle fiamme
Una fucilazione eseguita nella zona di Sant’Anna di Stazzema, fra gli episodi tragici avvenuti durante la seconda guerra mondialeLa casa della Vaccareccia nel 1944, distrutta dalle fiamme
Una fucilazione eseguita nella zona di Sant’Anna di Stazzema, fra gli episodi tragici avvenuti durante la seconda guerra mondialeLa casa della Vaccareccia nel 1944, distrutta dalle fiamme
Una fucilazione eseguita nella zona di Sant’Anna di Stazzema, fra gli episodi tragici avvenuti durante la seconda guerra mondialeLa casa della Vaccareccia nel 1944, distrutta dalle fiamme

Da Stazzema a Brescia, la raccolta di firme per la messa al bando della propaganda nazifascista. Con la loro potenza di penetrazione, i social amplificano qualsiasi espressione, anche grazie all’assenza di una normativa che permetta di controllare (non censurare, che è altra cosa) quanto pubblicato, a cominciare dalla propaganda nazifascista. Problema di cui s’è fatta carico Stazzema, il paese tristemente noto per uno degli eccidi più crudeli perpetrati dai nazisti nell’agosto del 1944, con una proposta di legge di iniziativa popolare che metta mano alla materia. «Le iniziative – precisa Lucio Pedroni, presidente dell’Anpi Brescia – sono due: una lanciata da Mauro Verona, sindaco di Sant’Anna di Stazzema, per una raccolta di 50mila firme per mettere al bando tutta la simbologia che riproduce elementi riconducibili e inneggianti al nazifascismo. L’altra, promossa dall’Anpi nazionale, per portare in parlamento un disegno di legge che attualizzi quelle in essere di Scelba e Mancino, correggendole e attualizzandole in funzione dell’uso propagandistico di stampo neonazista che si fa dei social». Quanto è importante tutto ciò anche per quanto riguarda il territorio bresciano? Abbiamo ricevuto parecchie segnalazioni di esercizi pubblici dove – forse anche a causa di questo progressivo abbassamento della guardia anche a causa dei social – è diventato normale e accettabile mostrare in bella vista certa lugubre chincaglieria. Poi ci sono problemi come il turismo nostalgico tipo Predappio, che pare trovare sponda anche a Salò, sia col rifiuto di togliere la cittadinanza onoraria a Mussolini, sia con certe iniziative che coinvolgono il Musa. Anche nella nostra provincia è aumentato il consenso giovanile verso derive autoritarie, disconoscendo spesso la storia. Qual è il compito che secondo lei può avere la scuola? La disconoscenza della storia è un fatto abbastanza grave in sé, ma per quei giovani che sostengono che la bomba in piazza Loggia l'hanno messa le Br o quegli italiani che negano l'Olocausto, è necessario trovare correttivi che impediscano la perdita o, peggio, la mistificazione della memoria comune. La scuola è sicuramente il luogo più adatto, ma è necessaria una riforma dei programmi scolastici che non sacrifichino proprio quel cosiddetto secolo breve di cui siamo tutti figli. C'è chi trova incoerente l'adesione dei giovani all'Anpi in quanto i partigiani sono ormai quasi tutti morti. L'adesione all'Anpi non ha un valore peculiarmente affettivo, parentale, di riconoscenza. Certo chi ha fatto la Resistenza ci sta lasciando, anche se sono ancora qualche migliaio quelli ancora in grado di testimoniare il loro percorso. L’adesione all’Anpi è riconoscimento dei valori della Resistenza, che prescindono dalle vite delle persone. Stiamo cioè parlando della solidarietà, la fratellanza, la giustizia, il senso della democrazia e dell’antifascismo. Quali sono le modalità per raccogliere le firme sul territorio bresciano? Le firme vanno raccolte entro il 31 marzo prossimo nel proprio comune di residenza perché devono essere certificate. Non ci sono contrarietà a banchetti di raccolta organizzati da chiunque, non solo dall'Anpi.•.

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