La visita

LaChapelle si racconta a Brescia: «L’arte di Ceruti, il fascino di Michelangelo»

di Magda Biglia
Il celebre fotografo artistico e regista prima in Pinacoteca, dove è protagonista con la sua mostra. Poi a Santa Giulia per una lectio magistralis
Giornata bresciana ieri per il celebre fotografo e regista David LaChapelle
Giornata bresciana ieri per il celebre fotografo e regista David LaChapelle
David LaChapelle a Brescia

«Il lavoro per i brand e la moda mi ha permesso la libertà: sono diventato mecenate di me stesso». Nella risposta data a uno spettatore in sala a Brescia David LaChapelle ha riassunto il percorso della sua vita personale e artistica.

Il grande e famoso fotografo era ieri pomeriggio in città, prima alla Pinacoteca Tosio Martinengo poi nell’auditorium di Santa Giulia, chiamato in occasione della Capitale della Cultura e della mostra che lo vede protagonista nella Pinacoteca stessa, «David LaChapelle per Giacomo Ceruti Nomad in a beatiful land», allestita nelle sale dedicate al Pitocchetto e aperta fino al 19 di novembre, mentre le opere di Ceruti sono nell’esposizione «A compassionate Eye» del Getty Center di Los Angeles.

Nella mostra un inedito appositamente pensato per Brescia e «Jesus is my homebody», serie del 2003.

Il pubblico

Alla folta platea, molti i giovani presenti, hanno prima portato il loro saluto la sindaca Laura Castelletti, la presidente di Brescia Musei Francesca Bazoli, il direttore della Fondazione Stefano Karadjov che ha ricordato la gestazione del progetto, nato dalla collaborazione con l’istituzione americana.

«Molto accomuna i due artisti, la drammaticità, la potenza delle figure, l’attenzione agli emarginati; era perfetto per rendere contemporaneo il settecentesco pittore. In pochi mesi con entusiasmo ha accolto la nostra richiesta», ha rimarcato il direttore. Un entusiasmo ribadito da LaChapelle, che ammira Ceruti quasi come Michelangelo, che fu capace di cambiargli la vita così come, più vicino a noi, Andy Warhol, di cui è celebre un suo scatto. E della forza drammatica michelangiolesca molto si vede in alcune sue opere. «Quando a Roma ho visto la Sistina ho provato un’emozione tale, io di questo secolo, che chissà come saranno stati scioccati, travolti i contemporanei. È come se Michelangelo sapesse rappresentare al meglio tutti i sentimenti e la cultura degli italiani» ha raccontato l’artista, introdotto da Denis Curti, curatore della mostra che, ieri, è rimasta disponibile fino alle 20 per coloro che volessero trasferirsi da Santa Giulia a piazza Moretto.

L’arte dei contrasti

Curti ha raccontato di avere visto lo studio del fotografo, un loft dove vengono ricostruite le scenografie da immortalare, dove pure sono state riportate le tende sotto le palme che figurano in Pinacoteca, a narrare con un pugno nello stomaco, come le donne e gli uomini del Ceruti, la vita dei diseredati. Come allora, oggi a Los Angeles: «Città dei contrasti, tra la miseria e le ville, le auto sfavillanti, una città in cui era per me difficile restare» ha detto LaChapelle, che ora vive in una fattoria alle Hawaii, lasciati i vip e le dive, abbracciata una nuova spiritualità.

Una scelta di vita che lo ha portato alle immagini con Gesù al centro, come la via Crucis presentata da poco alla Fortezza Da Basso di Firenze dove ha ritirato il Premio alla carriera della Biennale. In sala a Santa Giulia l’ospite ha parlato di questo suo nuovo lavoro che vede come interprete del Cristo un rapper italiano soprannominato «il poeta», da lui trovato perfetto e «nella parte». Il video alle spalle, durante le sue parole, faceva fluire la sua storia artistica, dalle fotografie sulla povertà e tossicità dell’oggi, ai corpi perfetti di donne e uomini, al Cristo schiacciato dalla Croce, ai disastri che distruggono l’ambiente. Tante alla fine le domande dal pubblico. Per passare dall’intelligenza artificiale, «un linguaggio che potrà portare bellezze ma anche nefandezze», al nudo: «Non deve distrarre solo in quanto nudo, diverso nelle foto e nei quadri, più facile il femminile del maschile».

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