Didone, danze pericolose reinventando Virgilio

di Vincenzo Spinoso
Emilio Isgrò cancella la Didone virgiliana e mette in scena nel teatro romano di Brescia tre storie di vite SERENA PEAGli attori recitano  sospesi sulla parete del teatro FOTO SERENA PEA
Emilio Isgrò cancella la Didone virgiliana e mette in scena nel teatro romano di Brescia tre storie di vite SERENA PEAGli attori recitano sospesi sulla parete del teatro FOTO SERENA PEA
Emilio Isgrò cancella la Didone virgiliana e mette in scena nel teatro romano di Brescia tre storie di vite SERENA PEAGli attori recitano  sospesi sulla parete del teatro FOTO SERENA PEA
Emilio Isgrò cancella la Didone virgiliana e mette in scena nel teatro romano di Brescia tre storie di vite SERENA PEAGli attori recitano sospesi sulla parete del teatro FOTO SERENA PEA

Se mai si possa parlare di arte totale come di un’esperienza che unisce poesia, drammaturgia, arti visive e storia, «Didone Adonàis Dòmine» rappresenta sicuramente, in questo senso, un lavoro che travalica i confini interni del settore. Emilio Isgrò cancella la Didone virgiliana e mette in scena nel Teatro Romano di Brescia tre storie di vite che ballano pericolosamente vicine con la morte, con gli attori sospesi sulla parete del teatro, che guardano dall’alto una platea immersa nell’esperienza visiva che anima lo sfondo della rappresentazione. Tre vite impersonate da Sandra Toffolatti, protagonista di una sceneggiatura delirante che la fa dialogare con la coscienza e con le «carte» Elena Antonello, Giacomo Mangiola, e Gianluca Pantaleo, vago richiamo al fato ed esplicito omaggio al coro greco, riflesso dei sentimenti della protagonista con cromatismi musicali che colorano in modo ancora più deciso questa rappresentazione in versi. La Didone di Isgrò non è più la regina che perde il senno per via dell’abbandono dell’eroe, ma è prima una vecchia svanita, poi una donna adultera e insicura che spazza via i propri fantasmi con l’omicidio, infine una terrorista eroinomane che consegna la sua vita a una ideologia malata sulla quale non si può fare affidamento. Non ci sono maledizioni tra cartaginesi e romani e non ci sono guerre, per il semplice motivo che nella storia ci si immerge già dal momento in cui si entra nel teatro; quindi, la rappresentazione di Isgrò si lascia alle spalle la ricerca storica per abbandonarsi talvolta alla tragedia, altre alla parodia, altre ancora ad un fatalismo di matrice cristiana che poco o nulla avrebbe a che spartire con l’epica latina. L’opera di Isgrò, una produzione del Centro Teatrale Bresciano e di Fondazione Brescia Musei, è contaminazione tra forme d’arte e tra culture che nello stesso spazio scenico trovano il modo di convivere e parlare di dolore, con lo sguardo di Virgilio che abbandona la propria Didone a un destino diverso dal quale l’aveva condannata. Lo spettacolo si replica nei giorni 1, 2 e 3 luglio alle ore 21:45, con biglietti (intero 15 euro, ridotto 10) in vendita alla biglietteria del Teatro Sociale, al 3760450011, al punto vendita CTB in Piazza Loggia, sul circuito Vivaticket e in loco la sera dello spettacolo a partire dalle 21.15.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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