LIBRO

«Dischi da ’90»: alla scoperta di Brescia Rock

di Gianpaolo Laffranchi
In una panoramica sulle grandi band italiane spiccano le interviste di Omar Pedrini e Paolo Benvegnù, le foto di Gigi e Cristian Mondini
Omar Pedrini abbraccia Enrico Ghedi: reduci dell’avventura Timoria sul palco della Latteria Molloy 5 anni fa. La band è in «Dischi da ’90»AGENZIA FOTOLIVEPaolo Benvegnù con Sara Mazo e Giorgia Poli: reunion in Latteria 6 anni fa
Omar Pedrini abbraccia Enrico Ghedi: reduci dell’avventura Timoria sul palco della Latteria Molloy 5 anni fa. La band è in «Dischi da ’90»AGENZIA FOTOLIVEPaolo Benvegnù con Sara Mazo e Giorgia Poli: reunion in Latteria 6 anni fa
Omar Pedrini abbraccia Enrico Ghedi: reduci dell’avventura Timoria sul palco della Latteria Molloy 5 anni fa. La band è in «Dischi da ’90»AGENZIA FOTOLIVEPaolo Benvegnù con Sara Mazo e Giorgia Poli: reunion in Latteria 6 anni fa
Omar Pedrini abbraccia Enrico Ghedi: reduci dell’avventura Timoria sul palco della Latteria Molloy 5 anni fa. La band è in «Dischi da ’90»AGENZIA FOTOLIVEPaolo Benvegnù con Sara Mazo e Giorgia Poli: reunion in Latteria 6 anni fa

Una panoramica emozionante, tuffo al cuore e ruggito dell’anima insieme. «Dischi da ’90» di Francesco Andrea Brunale è un libro necessario. Rilegge un capitolo imprescindibile nella storia della musica italiana. E c’è tanta Brescia in queste pagine targate Bertoni Editore a cominciare dai Timoria, collocati in apertura con una foto di Gigi Mondini. Suo figlio Cristian Mondini, cantautore bresciano con radici sarde, ha realizzato invece la fotografia a corredo della parte dedicata ai Movida.

Oltre ai Timoria capitanati da Omar Pedrini, band apripista di un genere di indie-rock in italiano che prima nemmeno esisteva, non possono mancare gli Scisma di Paolo Benvegnù. In entrambi i casi, realtà fondamentali di un movimento da ristudiare. E ci sono anche i (P)itch con Davide Mahony in un elenco che fa brillare gli occhi a chiunque abbia vissuto da ventenne quel periodo irripetibile: i big Afterhours e Bluvertigo, Subsonica e Marlene Kuntz, senza dimenticare 99 Posse e Almamegretta. La classe dei Quintorigo, la versatilità dei Casino Royale, la dolce rabbia dei Ritmo Tribale. Il mainstream radio-friendly dei Negrita e la scrittura profonda di Giulio Casale con gli Estra, il grunge tellurico dei Karma e il pop-punk dei Prozac+. «Voglio restare qui chiuso nella mia stanza». L’excursus nei «Dischi da ’90» si apre così, con queste parole che danno i brividi pensando a ciò che è stato di noi in questo anno abbondante di pandemia da Coronavirus, citando «2020» dei Timoria. E per l’autore, mentre «Senza vento» è stato il «Tommy» della band, «2020 Speedball» (datato 1995) rappresenta quello che fu «Who’s next» per gli Who. Pedrini, identificato come il leader del gruppo (oltre che l’autore delle musiche e di testi «dalla poeticità suprema»), ripercorre le tappe di un album seminale, svelando perché nel video di «Senza far rumore» si vedono... due Omar: dopo una festa tosta a Roma con giocatori della Lazio «e tante ragazze... al ritorno a Milano presi il rasoio per farmi la barba anche se ero in condizioni non proprio esemplari. Iniziai a radermi i capelli che, a quel tempo, mi scendevano sino alla schiena. Il regista del video andò su tutte le furie, dicendo che avrebbe chiamato la Polygram». A quel punto intervenne il compagno di band Enrico Ghedi: «La Polygram siamo noi», replicò. Citando la frase con cui in un contesto simile Pete Townshend degli Who si era rivolto alla sua casa discografica nel 1978. Grande rock made in Brescia, quello dei Timoria. Come quello degli Scisma, omaggiati in questo libro per «Armstrong» (del 1999). «Un gioiello dal sapore malinconico» secondo Brunale (e non solo per lui). «Realizzammo tutto di corsa - ricorda oggi Benvegnù - perché ci fu tanta pressione da parte della Emi che ebbe l’impellenza di fare uscire il disco subito... Se avessi pensato ai soldi, avrei fatto e scritto un altro tipo di canzoni». La casa discografica voleva il pop, gli Scisma preferivano l’arte. «Alla fine facemmo un lavoro in cui siamo andati nella direzione che volevamo. La nostra etichetta voleva farci diventare una band enorme e di successo, mentre la nostra aspirazione era quella di migliorarci perché volevamo essere un gruppo bravo». Propositi puri e creativi, realizzati (rispettati) in pieno.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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