GENERAZIONE DA COLLEGIO

di Pino Casamassima
L’ex collegio civico di Salò, in via Brunati, in uno scatto di vent’anni fa: oggi ospita il MuSa (museo civico italiano di arte moderna e contemporanea)Cartoline d’epoca: il collegio Tumminelli a Gardone Riviera
L’ex collegio civico di Salò, in via Brunati, in uno scatto di vent’anni fa: oggi ospita il MuSa (museo civico italiano di arte moderna e contemporanea)Cartoline d’epoca: il collegio Tumminelli a Gardone Riviera
L’ex collegio civico di Salò, in via Brunati, in uno scatto di vent’anni fa: oggi ospita il MuSa (museo civico italiano di arte moderna e contemporanea)Cartoline d’epoca: il collegio Tumminelli a Gardone Riviera
L’ex collegio civico di Salò, in via Brunati, in uno scatto di vent’anni fa: oggi ospita il MuSa (museo civico italiano di arte moderna e contemporanea)Cartoline d’epoca: il collegio Tumminelli a Gardone Riviera

«Oggi interroghiamo… interroghiamo…». Propositi cialtroni («Gli dico che è morto mia nonna e non ho potuto studiare… No, già detto… Mio zio… ecco, mio zio Franco, che mi sta pure…»), ed estremi («Gli dico che non sono preparato e basta, tanto poi mi suicido…»). «Interroghiamo… Zanghi». «Ma profe, mi ha già interrogato ieri…». «Dovete venire sempre preparati!». Era «la primavera del ’68», ma da noi in provincia – quella bresciana dal lago di Garda – non era ancora arrivata. Le angherie di quel Torquemada travestito da professore di un liceo salodiano provocarono più fughe verso lidi meno inquisitori: il Sant’Orsola e il Civico di Salò, il Tumminelli di Gardone Riviera. Collegi con scuole interne che oltre a rifugiare molti peccatori scolastici del luogo accoglievano esuli provenienti da tutte le regioni italiane, isole comprese. Oggi su queste sponde del lago di Garda che volge verso il Trentino resta solo la memoria di quel tempo, ché i luoghi fisici non esistono più: i (tanti) metri cubi di quei collegi sono diventati spazi residenziali, con l’ex Civico che ospita ora il MuSa di Salò. Ma chi ha «una certa» e passa sotto il cielo di quei luoghi non può fare a meno di veder scappare la propria memoria verso un tempo lontano ormai oltre mezzo secolo. E siccome il passato è come l’insalata – nel senso che lo ripuliamo ben bene fino a profumare dei ricordi migliori – succede che le foglie più verdi siano quelle odorose di bellezza. Bellezza di vario genere e natura. Cioè, una «fuga» (dicevasi «fuga» un’evasione dal collegio per fiondarsi a… ma che avete pensato! A farsi fare un panino con dentro tanta di quella roba che ci voleva un cric per chiuderlo), oppure una «scalata» (dicevasi «scalata»… ebbene sì, in questo caso, proprio quello: cioè l’arrembaggio alle finestre della sezione femminile, senza che ci fosse però nessuna Giulietta ad aiutare con lunghe e morbide trecce), oppure una «spesa» (dicevasi «spesa» l’acquisto di un paio di Levi’s o Barrows o Ray-Ban per fare il figo l’indomani durante la ricreazione con quella lì). Da quella primavera sessantottina in poi, anche quei luoghi furono attraversati dall’effervescenza politica, e siccome il bisogno di categorizzare tutto è sempre in agguato, ecco che nell’immaginario collettivo il Sant’Orsola e il Tumminelli sono rimasti inchiodati a una prevalente cifra neofascista (alcuni convittori rimasero imbrigliati nella strage di piazza Loggia del 1974). Il Civico era invece «rosso» per qualcuno che girava con Lotta continua in tasca. Del resto, era il tempo in cui anche i bar, le pizzerie si dividevano fra «destra» e «sinistra». C’era poi la demarcazione economica: il Tumminelli vantava (si fa per dire) rette irraggiungibili con i suoi 2 milioni l’anno (lo stipendio medio di un impiegato non superava le 200mila lire). Costi «giustificati» da un’offerta di livello superiore: dai campi da tennis, calcetto, basket e corsa campestre, a quella piscina olimpionica rimasta tuttavia solo sui depliant astutamente inviati anche all’estero. Retta che veniva però – e di molto – arrotondata con i «supplementi», cioè tutto: da una seconda (e pure terza) brioche a colazione, un secondo (anche terzo) panino oltre quello «di base» previsto durante la ricreazione e la merenda, passando per la seconda bistecca a pranzo o cena (da cui la famosa «fuga» per fame). Quando finì quella stagione – «la stagione dei collegi» – l’economia del luogo ne risentì (assai proprio).•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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