GRASSI, POETA RIFORMISTA

di Luca Pollini

Luca Pollini MILANO «Il teatro è un diritto e un dovere per tutti. La città ha bisogno del teatro come il teatro ha bisogno dei cittadini». Sono parole pronunciate da un ventenne milanese che ha fatto la storia culturale del nostro Paese. Il giovane è Paolo Grassi, imprenditore culturale, straordinario produttore di idee, di innovazione, di progetti. A cento anni dalla sua nascita apre a Milano «…senza un pazzo come me, immodestamente un poeta dell’organizzazione…», la mostra che narra l’avventura professionale, culturale e umana di un personaggio unico. Nelle sale di Palazzo Reale (fino al 24 marzo, ingresso gratuito tutti i giorni, chiuso lunedì mattina, info www.palazzorealemilano.it)– con un allestimento che richiama lo straordinario mondo della scena – attraverso fotografie, elaborazioni video, inediti documenti d’archivio e articoli si ricostruisce l’incredibile vita di Paolo Grassi, tra impegno sociale, politico e culturale. Il suo nome è legato in modo indissolubile al Piccolo Teatro di Milano di via Rovello, che non solo ha contribuito a fondare ma ha diretto dal giorno dell’inaugurazione – 14 maggio 1947 – fino al 1972. Sul minuscolo palcoscenico del Piccolo, affiancato per i primi anni della direzione dal suo amico Giorgio Strehler, Grassi anticipa i tempi cogliendo i mutamenti sociali in atto nel Paese. Con una programmazione coraggiosa e all’avanguardia inizia a togliere al teatro quella patina di luogo destinato alla borghesia progressista, trasformandolo lentamente ma costantemente in un teatro popolare (nel senso più nobile ed elevato della parola), accessibile cioè a quei cittadini cui i teatri pubblici sono, o almeno dovrebbero essere, destinati. Il Piccolo comincia a stabilire un dialogo diretto con la città e con il suo pubblico mediante il cartellone e attraverso la realizzazione di attività collaterali (corsi, mostre, incontri) che forniscono una risposta concreta alla domanda di cultura proveniente da chi ne è rimasto escluso. I cinquecento posti della platea del Piccolo cominciano così a essere occupati da tutte le classi sociali, ispirando quella che sarà la rivoluzione teatrale europea degli anni Settanta. «Non crediamo che il teatro sia una decorosa sopravvivenza di abitudini mondane o un astratto omaggio alla cultura – sostiene Grassi - Il teatro resta il luogo dove la comunità adunandosi liberamente a contemplare e a rivivere, si rivela a sé stessa». Anticipando di un paio di anni il dibattito del movimento del Sessantotto, Grassi annuncia di volere un rinnovamento estetico e organizzativo e alla domanda su quali sarebbero state le priorità del Piccolo Teatro, risponde di credere in un teatro nazional-popolare che faccia crollare definitivamente i prezzi, che non faccia più riduzioni per i lavoratori e gli studenti, gli impiegati e gli operai ma che attui una politica di prezzi bassa per tutti. La stessa impronta la trasferisce nel 1972 più antico teatro lirico del mondo, quando è chiamato a ricoprire la carica di sovrintendente del Teatro alla Scala. Grassi non si fa intimidire dal luogo e dall’ambiente e apre alle innovazioni, istituisce i concerti per i lavoratori e gli studenti e il 7 dicembre del 1976 da il via libera alla diretta in mondovisione dell’Otello di Giuseppe Verdi per la regia di Franco Zeffirelli, opera che inaugura la stagione lirica. Una tradizione, quella della diretta televisiva, che da allora non si è mai interrotta: quest’anno l’Attila su Rai Uno ha raggiunto i 2 milioni di telespettatori. Terminata l’esperienza scaligera nel 1977 è chiamato a presiedere la Rai: e anche qui è stato un innovatore. Con lui la terza rete diventa – di fatto – il canale culturale pubblico. Sotto la sua presidenza sono implementate le produzioni di film e sceneggiati di alto spessore, premiati da pubblico e critica, come l’Albero degli zoccoli di Ermanno Olmi, Padre padrone dei fratelli Taviani, Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli. La sua è stata una sperimentazione continua, i suoi modelli innovativi sono ancora oggi replicati: Grassi ha sempre sostenuto che la cultura doveva essere l’elemento fondante per la vita sociale di una comunità. Peccato che oggi questo suo pensiero non abbia séguito. La mostra – curata da Fabio Francione - è divisa in cinque sezioni che riassumono la sua vita pubblica e privata. La figura di Paolo Grassi sarà ricordata anche in occasione di iniziative ed eventi collaterali curati dalla Fondazione Grassi - presieduta dalla figlia Francesca – e realizzati grazie al sostegno del Gruppo Intesa Sanpaolo. •

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