«I figli della profezia» in una terra vichinga

di Alessandra Tonizzo
Dettaglio della copertina del libro firmato da Marco Bulla, classe 1996
Dettaglio della copertina del libro firmato da Marco Bulla, classe 1996
Dettaglio della copertina del libro firmato da Marco Bulla, classe 1996
Dettaglio della copertina del libro firmato da Marco Bulla, classe 1996

Su ali rapaci se ne sta, orante, a confondere i pensieri con il reale, le nuvole con la tempesta. Thorstein, erede di Alfred e Cassandra, regge lo stendardo dei «Racconti di Lesrodean» (MarcoSerraTarantolaEditore) come fosse la spada nella roccia, come pergamena di Storia. Sacra la fonte dell'immaginazione, una bocca cavernosa dalla quale Marco Bulla - bresciano, classe 1996, laureato in Lingue straniere - esce ansante, sventrati frenuli bifidi, enfiati. Negli anni ha mappato un territorio vergine e vichingo di cui è signore, una terra con linfe oracolari. Qui, tra Campo di Centauri e Portale di Draghi, avvampa ed estingue fuochi occhiuti, forgia orchi. Il suo protagonista dal nome tonante è alla ricerca del proprio sangue, per riallacciare lignaggi e pacificare l'animo. Lo si incontra a percorso avviato, avvilito alla stregua dei veri eroi («eppure lungo la strada aveva perso tutto, ciò a cui era appartenuto, ciò che gli apparteneva») - soli, stroncàti. Scopertosi uno de «I Figli della Profezia», maneggia il divino potere epidermico assegnatogli con la china: il braccio destro reca un tatuaggio d'aquila, Verkilnir, animale-totem che può il fragore del tuono, il bruciore della saetta. Molto va imparato, tanto ci si scotta - anche dentro gl'occhi fragili della bella Ayli - durante lotte manichee per la salvezza del continente. Dopo «l’ennesima scena andata male nella sua vita», il giovane Thorstein cresce in consapevolezza: «L'unico vero nemico era l’oscurità. Ora non voleva più affrontare le tenebre: voleva sconfiggerle, abbatterle senza esitare e tornare a casa, ovunque essa fosse». La formazione non completa, eppure esplode, nell'irruenza adolescente, maturata «all'alba di una leggenda». Chiaro al pari del Bene, di una linda tonaca rituale, il fantasy di Bulla luma il lettore esperto, scocca dardi sicuri in direzione di una filogenesi pàn-mitologica da rispolverarsi appena; i valori super-umani (amicizia, coraggio, lealtà, virtù) sono il bottino del bersaglio immortale. La riuscita della trama echeggia nel coro degli astanti, come scolpita su pietra druidica nel simbolo dell'infinito. L'inizio è anche fine: «La volta celeste cominciò finalmente a far cadere salate gocce di pioggia, come se riflettesse l’animo dell’orfano di Derendiuth. Eppure, nella fredda brezza delle Montagne dei Giganti, quelle lacrime scese dalle nuvole sembravano tiepide, quasi calde sulla sua pelle».•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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