I versi di Stella Bugatti Odio, amore e altre lune

Stella Bugatti, autrice e coreografa
Stella Bugatti, autrice e coreografa
Stella Bugatti, autrice e coreografa
Stella Bugatti, autrice e coreografa

Col chiaro o col buio le cose sembran diverse. E i sentimenti? Alle volte. «Una storia d'amore iniziata con il sole e proseguita con la luna» è la disacalia di un «Maledetto lunatico» (Temperino Rosso Edizioni). Quasi una laurea breve, su tesi (g)astro-affettiva, condotta da Stella Bugatti. La poetessa (e danzatrice, performer, coreografa, aforista...) bresciana ha vivificato una trilloge sull'innamoramento che spesso sfiorisce, in un tramonto inaspettato. Nel giorno, vien bene dire, saltellando, «sei tutto.// Ciò che mi fa bene, ciò che mi fa male, ciò che non vorrei, che non mi augurerei, ma che non riesco a smettere di desiderare». Si sta nel pieno effetto della droga erotica, nevrastenici eppure esangui, passionali e mistici. Gl'occhi son quelli d'una Madonna, rapita a mo' del Ferruzzo, munchianamente svenevole, prodiga come la fece Fouquet. Però le pennellate sono diverse: di linguaggio sfrondato, sceltamente quotidiano. «Porti con te centesimi di stelle/ sotto le dita dei piedi/ fra le dita delle mani», meraviglia lei dell'amato, delle sue doti nascoste in pieghe recondite. Poi arrivano altre metafore, presagio della china (così presto?) d'un rapporto-vampa. Così si pone la giostrina, simile al carillon che tante han suonato sulla pettiniera. «Finché raggiungerò la felicità, che si prova/ solo da bambina, dentro un'emozione di una/ corsa che potrebbe durare all'infinito, senza/ dover scendere mai più». L'amante vorrebbe tornare al grembiule pur di allontanare il male adulto che sente già, che presume giganteggerà. «Due pugnalate al centro del cuore.//La prima ha centrato il bersaglio,/ la seconda ha affondato la lama»: aveva ragione. Non muore. Tramortita, la ragazza subito compara i fallimenti del cuore («Non ho capito./ Non ho imparato la lezione/ Ripeto/ Ancora/ Finché mi convinco di aver compreso») in un gioco pericoloso che canta l'«Arrivederci» di Arigliano. «Un disco rotto// E lo spezzo.// Spezzo il disco/ Spezzo la musica/ Spezzo le parole». Ecco: la rabbia. Però dura mica. Le donne sanno poco tenere il muso agli uomini, preferiscono il broncio al sé. «La vita non è una cosa seria», insegna la poetessa. Meglio ungersi di malinconie («Ho nostalgia di ciò che sarebbe potuto essere/ ma che non è stato»), straziarsi con fatiche altre («Stanotte non scriverò, vagherò»), affinare l'udito («Il rumore dei vetri rotti, vanno sentiti, tutti, mentre si frantumano al suolo»). Finché «come quelle strane notti di agosto, quando/tutto sembra eternamente possibile», sventola speranza. Un riavvio. «Mesdames et Messieurs les jeux ne sont pas/ faits, tout est possible./ Faites votre jeu». •. Al.To.

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