Il cuore nero della strage un caso da riscrivere

28 maggio 1974: la strage di matrice fascista in piazza Loggia a Brescia
28 maggio 1974: la strage di matrice fascista in piazza Loggia a Brescia
28 maggio 1974: la strage di matrice fascista in piazza Loggia a Brescia
28 maggio 1974: la strage di matrice fascista in piazza Loggia a Brescia

Autore già di «Piazza Loggia - inchiesta su una strage» pubblicato nel 2014, Pino Casamassima sta scrivendo per Baldini un libro in cui aggiungerà nuovi elementi fondati sugli sviluppi giudiziari che sono emersi di recente. ***************************Una ragazza di Silvio Ferrari, il giovane cuore nero bresciano saltato con la sua Vespa dieci giorni prima della strage di piazza Loggia, rivela, a quasi mezzo secolo di distanza, che Silvio era in realtà un confidente del capitano Francesco Delfino – che tanta parte ha avuto nella vicenda della strage – e dei Servizi. A raccogliere una testimonianza che potrebbe scompaginare la narrazione di quella strage, i titolari della nuova inchiesta (la quinta) relativa agli ordinovisti veronesi Marco Toffaloni e Roberto Zorzi (20 e 17 anni rispettivamente all’epoca dei fatti) accusati di aver materialmente portato la bomba in piazza Loggia. Dichiarazioni supportate da episodi specifici a Verona in una caserma dei carabinieri e in una base del Sid. Silvio Ferrari come Ermanno Buzzi, insomma. Buzzi era stato strangolato come delatore da Pierluigi Concutelli e Mario Tuti nel carcere di Novara alla vigilia del processo d’Appello che lo riguardava per Brescia, per le grandi rivelazioni annunciate sulla strage di Bologna. Silvio era stato ucciso dal timer di una bomba anticipato di un’ora perché aveva deciso di sfilarsi dall’eversione nera e andare a lavorare nell’azienda di famiglia (suo padre lo aveva affrontato duramente per i suoi insuccessi universitari). Nonostante il pronunciamento della Cassazione che aveva indicato i responsabili della strage in Carlo Maria Maggi (Ordine nuovo) e Maurizio Tramonte (Servizi), abbiamo dunque una nuova inchiesta. Così Manlio Milani, presidente della Casa della Memoria di Brescia: «Mi auguro che la magistratura possa chiudere tutti i tasselli di uno dei capitoli più drammatici della nostra storia. Certo, questa novità di Ferrari è clamorosa, anche se non del tutto inedita, vedi prima inchiesta». Inchiesta, la prima, bollata come (tutta) farlocca per gli inciampi del giudice istruttore Domenico Vino e del pm Francesco Trovato. Prima di saltare per aria, Ferrari avrebbe rivelato alla sua ragazza che stava per succedere «qualcosa di molto grave». Ma perché proprio Brescia, invece di una piazza ben più nota come Milano? «Silvio mi disse che agiva per i carabinieri ed erano loro che volevano questo attentato. E lui era completamente d’accordo. Una storia, quella di Silvio Ferrari, da riscrivere, insomma. E con essa, anche qualche capitolo della stessa strage. La storia d’Italia, come tutte le storie in realtà, non è né è mai stata una narrazione blindata in una dimensione inscalfibile. Se nuovi documenti rischiano di riscrivere l’omicidio Matteotti che il prossimo anno compirà 100 anni, è verosimile che anche quanto accaduto a Brescia 49 anni fa vada – profondamente – rivisto.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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