IL FUTURO? DA INVENTARE

di Elia Zupelli
Jacqueline Ceresoli: docente, storica e critica d’arte
Jacqueline Ceresoli: docente, storica e critica d’arte
Jacqueline Ceresoli: docente, storica e critica d’arte
Jacqueline Ceresoli: docente, storica e critica d’arte

Visione, immaginazione, evoluzione. Slanci multiformi proiettati verso una dimensione concentrica: il progresso come atto del «mettere in forma il nuovo». Non soltanto materie e materiali, ma anche frammenti di intrecci, contaminazioni, nuovi percorsi e nuove tecnologie, per aprirsi a un dialogo creativo. Tra arte contemporanea, design, moda, architettura e filosofia, all’insegna di una cultura progettuale pronta a scardinare i paradigmi accademici, plasmata da un’attitudine eclettica in aria di nuovo Bauhaus, fra trasversalità, partecipazione e tensioni interdisciplinari. Obiettivo: guardare oltre. «Il modo migliore per predire il futuro è inventarlo», sostiene infatti Jacqueline Ceresoli, storica e critica d'arte (già al lavoro su Lucio Fontana, Dan Flavin, Olafour Eliasson, Mario Merz, Joseph Kosuth…) tra gli ispirati docenti di «Estetica. Luce. Progetto»: tre parole che esprimono la verve avanguardista che caratterizza il nuovo, omonimo corso di specializzazione per l’anno accademico 2021/2022 della Laba, fedele alla linea programmatica tracciata nel manifesto dal suo deus ex machina, Maurizio De Caro - «Superare i limiti delle arti e delle scienze, porre l’insolito dentro l’ignoto affinché il certo risulti sempre inadeguato». Eleganza semantica e sintomatico mistero, Kubrick e Stockhausen come imprescindibili poli concettuali, il «metodo Ceresoli» graviterà tra azione performativa e pragmatismo empirico: «‘Fà balà l'oeucc’, diciamo a Milano». Tradotto: silenzio, ascolto, guardarsi intorno. «Metterò gli studenti nelle condizioni di riattivare l’immaginazione, scollegando le loro estensioni digitali con un foglio e una matita. Partirò da un impulso: ‘raccontami il mondo che sarà’… Tutto il corpo e tutti i sensi serviranno a intercettare gli stimoli che arrivano da fuori, i miei corsi si basano su relazione attiva e partecipativa, lancio un sassolino e i ragazzi sono l’acqua: devono sentirsi fluidi, io vedrò di modulare le oscillazioni». Cognitive e strutturali. Consci che per creare, a volte bisogna prima distruggere. È un percorso in cui l’arte della luce si pone «come momento di costruzione, di architettura di una modernità permanente che vive e si trasforma nel tempo, mettendo in contrasto intellettuale ogni forma dell’espressione umana, a partire dal mistero della sua emissione, capace di togliere tempo e significato alle tenebre». Proprio la luce, sempre lei, «si vede e ci guarda, suggerisce visioni, incornicia spazi e si mostra a tutti, insegna esperienze multiple; è democratica, non fa distinzione di sesso, cultura, religione età e provenienza». Un approccio teorico-pratico-analitico che aiuterà a «guardare e vedere». «L’arte deve stimolare critica e revisione, spostare l’attenzione, generare letture alternative, abbattere i muri delle claustrofobie mentali…Questa generazione ha perso la capacità di immaginare, ma al tempo stesso avverte la necessità di riappropriarsene. La pandemia ha determinato una forte presa di coscienza e una altrettanto forte assunzione di responsabilità e sensibilità rispetto allo stato del pianeta, c’è una grande sete di relazioni umane: Brescia, che nel 2023 sarà con Bergamo capitale italiana della cultura, è una città con una polifonia straordinaria, che sperimenta progetti mirati e sempre più aperti al mondo, un terreno fertile sul quale lavoreremo in sinergia. La sfida è avvincente, Laba allenerà il pensiero: sarà una scuola rapsodica, una palestra di in cui insegneremo ai ragazzi a massaggiare il muscolo del cervello».•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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