Il giallo padre/figlio sulla pala d’altare

Maddalena penitente, al MarteSA sinistra Cristo e la Samaritana attribuito a Giambattista Tiepolo e a destra l’opera del figlio Giandomenico
Maddalena penitente, al MarteSA sinistra Cristo e la Samaritana attribuito a Giambattista Tiepolo e a destra l’opera del figlio Giandomenico
Maddalena penitente, al MarteSA sinistra Cristo e la Samaritana attribuito a Giambattista Tiepolo e a destra l’opera del figlio Giandomenico
Maddalena penitente, al MarteSA sinistra Cristo e la Samaritana attribuito a Giambattista Tiepolo e a destra l’opera del figlio Giandomenico

C'è un'ombra di mistero sull'opera gardesana attribuita a Giambattista Tiepolo, nato a Venezia nel 1696 e morto a Madrid nel 1770, protagonista della pittura del Settecento anche nel Bresciano: si tratta della pala d'altare del Duomo di Desenzano, commissionata da Pietro Panizza e firmata appunto da Tiepolo padre, ma che è ancora un giallo irrisolto in quanto diversi studiosi s'interrogano sulla possibilità che sia stata in realtà realizzata da Tiepolo figlio (al secolo Giandomenico, nato nel 1727 e morto nel 1804). «Se ne parla da tempo immemore - ammette l'avvocato Andrea Piai, esperto d'arte di fama nazionale che ha già tenuto una relazione sul tema al MarteS di Calvagese - e se all'occhio il giallo sembra risolversi a favore di Giambattista, l'unico modo per esserne certi sarebbe eseguire indagini diagnostiche come radiografie e riflettografie, o un confronto accurato con i disegni preparatori che sono conservati a Venezia, a Wurzburg e New York». Ci sono una serie di inghippi a complicare le cose: «A partire da una datazione fuorviante, ovvero un 1738 che si legge sul pavimento della cappella che ospita il dipinto - continua Piai -: per gli esperti lo stile di Giambattista dell'epoca non coinciderebbe con quello rappresentato sulla pala. Ma si tratterebbe solo della data di avvio dei lavori alla cappella, forse l'anno in cui fu commissionato il dipinto: di questo non v'è traccia nelle memoria della visita del vescovo di Verona Giovanni Bragadin, nel 1743». C'è poi una clamorosa somiglianza tra alcuni scorci della pala di Desenzano e il quadro Cristo e la Samaritana di Tiepolo figlio (1750 circa): «Il confronto è lampante - dice ancora Piai - e in particolare la figura del Cristo è la stessa, identica nelle forme, perfino nei drappi della tunica. Ma il Tiepolo figlio potrebbe aver dipinto il quadro a partire da un disegno che fu del padre. La loro era una bottega che lavorava su commissione, in cui erano per forza presenti disegni preparatori o di repertorio». Sulla pala desenzanese giace la firma di Giambattista, ma non basta: «La firma è la cosa più facile da apporre o da falsificare, ben più difficile è riproporre o imitare uno stile pittorico». Le ipotesi sono tante: non solo il disegno preparatorio del padre, ma anche che il figlio sia intervenuto in seconda battuta sulla pala di Tiepolo padre. «Ma anche se trovassimo la documentazione che attesta l'una o l'altra ipotesi - continua Piai - la certezza sarebbe lontana: non dimentichiamoci di Voltaire quando parlava di verità storiche solo come una probabilità, un aforisma ancora più valido per la storia dell'arte. Il mondo è pieno di quadri commissionati a un artista e poi realizzati dai collaboratori in bottega. Fidiamoci allora del senatore Pompeo Molmenti, gardesano (di Moniga) d'adozione, massimo esperto di Tiepolo e che era certo delle pennellate di Giambattista sulla pala di Desenzano». Il MarteS nel weekend apre le porte per le Giornate Fai, parte integrante dell'itinerario tiepolesco 2023 grazie ad altre due opere di Tiepolo padre nella collezione Sorlini: Maddalena penitente e L'angelo della fama. Altri Tiepolo da non perdere? San Lorenzo Martire a Verolanuova, appunto, e gli affreschi della chiesa dei santi Faustino e Giovita a Brescia». •.

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