Il senso di una ricerca attraverso l’arte

Eugenio Mombelli, dopo aver abbandonato i porti della figurazione e i mari dell’astrazione si è immerso negli oceani siderali dell’informale. Ed è da quegli spazi che, all’improvviso, sembrano emergere ricordi, stratificati dal tempo, e sensazioni come navicelle, che si credevano perdute, ma che riappaiono nella deriva di arcane maree gravitazionali. Suoi una decina di dipinti in cui il colore galleggia tra ritmi compositivi nella rivelazione di un passato ancora presente. Da Alessandro Gabbia giungono una serie di ritratti dal denso richiamo introspettivo. La figurazione è ancella premurosa dell’interiorità nel ricordo dei maestri fiamminghi che attualizza in un raccoglimento monastico. Emerge il senso di una ricerca sofferta ed amata, nella sincerità di una pittura come indagine che scruta i propri cambiamenti. In controluce, si avverte la schietta esplorazione di un’esistenza che cerca la via di liberazione. Giuseppina Fontana nelle sue sculture sembra esprimere la «vocalità» per un silenzio meditativo. La materia nelle sue mani si trasforma in forme vitali. Le sue figure femminili affascinano e palpitano in modo sommesso esprimendo un mondo misterioso che mentre accoglie sembra porre un’enigmatica distanza tra sé e gli altri. Nella sala che le è dedicata insieme ad un autoritratto di Gabbia, a tratti, sembra riecheggiare un verso di Shakespeare: «Siamo della stessa sostanza di cui sono fatti i nostri sogni e la nostra piccola vita è cinta di sonno». Hanno curato la mostra Claudio Maffoni ed Enrico Moretti (apertura fino al 31 ottobre, sabato e domenica 10-12; 15-20)•. G.Qua.

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