«La scelta» di Gaudenzi Viaggio oltre l’illusione

La copertina della pubblicazione
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•• Com'è il febbraio, alla Serenissima? Bora scura o garbin, nelle calli mosse d'acqua e legni, nel perpetuo reflusso di croccanti tonfi? Il giorno 13 dell'anno domini 1883 era freddo, freddo per forza. Le ossa di Richard Wagner facevano il sughero nella città-vascello che, incedere inbriàgo, se le portava via. «La scelta» (MarcoSerraTarantolaEditore) racconta a ritroso - dall'altro mondo, in voce crepata - tutta la vita del gran compositore romantico. La romanza, sotto tumulto storiografico, Roberto Gaudenzi, medico romano trapiantato a Brescia dal '62; ne ha viste molte, qualcuna l'ha scritta (nel 2002, il primo premio al concorso letterario «Il graffito d'oro»), tante le ha sognate; in questa prima prova editata, detta al foglio la propria passione storiografica, stilando «Un viaggio oltre l'illusione» dell'esistenza. Dunque Wagner stava lì, sul divanetto di palazzo Vendramin, indugiante tra una delle sue «depressioni spirituali» e la morte. La gola, intanto, sottile-sottile come un baìcolo di quelli ben fatti, stringeva al punto di decidere per lui. L'oleandro ingiallito, le rose asfittiche, l'ultimo saggio incompiuto, «Il femminile nell'umano», persino un Beethoven d'inchiostro e carta... tutti lì, assieme a Cosima, a sonargli d'un tratto il requiem. Un momento prima si chiedeva «fino a qual punto egli stesso potesse essere peggiorato nel carattere; settant’anni non erano pochi e ormai se li sentiva pesare addosso in modo molto sgradevole». L'attimo dopo «provava un senso di grande benessere e di profonda pace; gli sembrava di essere leggerissimo, addirittura senza peso». Inizia qui la dissertazione visiva degli anni wagneriani, il suo rewind. A colloquio con Minna Planer, prima moglie, il protagonista annuncia e fa annunciare vittorie e fallimenti, guerra e pace, luci e scuri, stasi ed esodi (da Lipsia a Londra, Parigi, Zurigo…). Richard non è Scrooge, eppure a tratti impallidisce di sé. Donnaiolo, mani bucate, irascibile, orgoglioso nel midollo - va bene. Ma i pregi sopravanzavano, e da ogni viaggio (non solo Venezia, anche le calde Posillipo e Sorrento) tornava con souvenir d'intelletto: «Commettereste un grave errore di valutazione, se consideraste i miei interessi rivolti solo alla musica». L'inventore della Gesamtkunstwerk preferisce, con Gaudenzi, parlar di Liebe, e lo fa contro l'amico Schopenhauer, darwiniano, conservativo: «Certamente è facile, nella vita, avere l’idea dell’amore totale, completamente appagante; è però difficile realizzarlo, troppo spesso impossibile. L’amore è un sentimento speciale: io lo immagino come la forza portante di tutto l’Universo, la forza che lo regge; è amore forse, perfino la gravità dei corpi». Avanti, tra Nietzsche e dio, mette il dito, s'impunta. Spunta poi i riflettori dei i teatri d’opera europei, criticandone «il continuo puntare di binocoli dalla platea ai palchi e dai palchi alla platea, l’incrociarsi di occhiate, gesti e messaggi in codice trasmessi con i ventagli, il mormorio durante lo spettacolo; quel lasciare la sala in qualsiasi momento, e raggiungere il ridotto, per uno spuntino o per giocare a carte». Che sia concentrazione, insomma. E buio! Ma buio per davvero. Che venga la tenera fine, finalmente.•.

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