ANNIVERSARI

LA VITTORIA DELL'ERETICO

di Gian Paolo Marchi
Nella Chiesa lacerata dallo scisma del 1378, diede voce alle istanze di rinnovamento della nazione ceca e del suo sovrano Venceslao
Il rogo di Jan Hus riportato sullo «Spiezer Chronik»
Il rogo di Jan Hus riportato sullo «Spiezer Chronik»
Il rogo di Jan Hus riportato sullo «Spiezer Chronik»
Il rogo di Jan Hus riportato sullo «Spiezer Chronik»

Seicento anni fa, il 6 luglio 1415, a Costanza, in Germania, veniva condannato al rogo Jan Hus, il teologo boemo fiero paladino della moralizzazione della Chiesa. Dal 1378, infatti, un grande scisma lacerava il cattolicesimo: due papi (quello avignonese e quello romano), due collegi cardinalizi e talora due vescovi nella stessa sede. Tentò di porvi rimedio l'imperatore Sigismondo, che riuscì a indurre l'antipapa «romano» Giovanni XXIII a dare il suo consenso alla convocazione di un concilio che avrebbe dovuto risolvere lo scandaloso dissidio.Il concilio, convocato nella città di Costanza, si aprì il 5 novembre 1414. Non ripercorriamo qui le vicende di Giovanni XXIII, deposto, imprigionato, e morto nel 1419, lasciando ricordo di sé nel nome (ripreso da papa Roncalli) e nel monumento funebre di Donatello nel battistero di Firenze; sta di fatto che a nulla approdarono i propositi di moralizzazione del clero e di correttezza nella gestione dei benefici ecclesiastici.Il concilio, pur incline a limitare l'autorità del papa, fu severo nel condannare le istanze di riforma che venivano dal basso. Tra maggio e giugno 1415 l'assemblea si pronunciò contro le tesi del riformatore inglese John Wycliffe (morto nel 1384). Tali tesi erano state riprese da Jan Hus, dotto religioso boemo, che con la sua predicazione e le sue opere interpretava le istanze di rinnovamento della nazione ceca e del suo re Venceslao. Invitato a Costanza per rispondere delle sue deviazioni dottrinali davanti al tribunale del concilio, Hus rifiutò ogni forma di ritrattazione, affrontando il suo destino: il 14esimo degli articoli di Hus colpiti da condanna contiene infatti una sferzante denuncia dell'ipocrisia clericale, che era solita affidare al potere civile l'esecuzione delle condanne: «I dottori che insegnano che chi è colpito da censura ecclesiastica, se rifiuta di emendarsi, deve essere consegnato al braccio secolare, di certo seguono in questo i pontefici, gli scribi e i farisei: essi infatti, consegnarono al giudizio secolare Cristo, che non voleva prestar loro obbedienza, dicendo: a noi non è lecito uccidere nessuno; e questi tali sono colpevoli di omicidio più di Pilato». Era il 6 luglio 1415. Nello stesso giorno Hus, condannato come «eretico pertinace», salì sul rogo.Secondo una compilazione seicentesca, Hus, accortosi che una vecchietta aggiungeva una fascina alla catasta preparata per il rogo, avrebbe esclamato: «O sancta simplicitas!»: circostanza che non trova riscontro nelle cronache contemporanee. Del tutto affidabile è invece il racconto del processo e della condanna al rogo del più fedele seguace di Hus, Girolamo da Praga, quale si legge nella lettera scritta in latino a Leonardo Bruni da Poggio Bracciolini il giorno stesso del rogo (30 maggio 1416).L'umanista, pur non marginalmente coinvolto nella macchina di benefici e privilegi controllata dalla curia, riesce tuttavia e delineare con lucidità e umana partecipazione la personalità dell'«eretico» fieramente ostile alla corruzione della Chiesa.Dai «Prosatori latini del Quattrocento» (a cura di E. Garin, Milano-Napoli, Ricciardi, 1952, pp. 228-41), citiamo qualche brano dalla relazione del processo e del supplizio, in cui vengono riportate le battute dell'accusato, che sembrano percorse da una vena di umorismo tipicamente praghese. A molti accusatori Girolamo «ribatté con frasi argute, a molti con parole amare; molti, spessissimo, costrinse a ridere in una ben triste occasione». A un frate che giurava sulla sua coscienza, disse: «Questa è la miglior maniera per ingannare». Giunto al luogo dell'esecuzione, «si liberò da sé delle vesti, poi, mettendosi in ginocchio, venerò il legno cui veniva legato Non appena fu appiccata la fiamma cominciò a cantare un inno che solo il fumo e le fiamme poterono interrompere».Gli eventi sopra richiamati sono stati assunti nel patrimonio non solo religioso ma anche politico della nazione ceca. Attorno alla statua di Hus nella piazza della città vecchia, opera di Ladislav Saloun, si svolsero dimostrazioni antiasburgiche (e anticattoliche) sia nel 1915, allorché il monumento venne inaugurato, sia nel 1918, nel momento della dissoluzione dell'impero austroungarico, dalla quale prese avvio un processo di indipendenza nazionale che si concretò nella formazione di una nuova entità statale, la Cecoslovacchia: trasformata in protettorato tedesco dal terzo Reich, e ricostituita dopo il 1945 sotto lo stretto controllo della Russia staliniana. In questa piazza, e sotto il monumento di Hus, simbolo di indipendenza e di libertà, prese avvio nel 1968, e tragicamente si concluse, soffocata dai carri armati sovietici, la «primavera di Praga». COPYRIGHT

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