PERSONAGGI

Maddalena Ischiale la «Mammaaa» di Unbroken

di Sara Centenari
Ora vive a Los Angeles, dove andò per aiutare un amico a passare l'esame all'accademia di Landau, ma assicura: «La compagnia fondata a Brescia resta una famiglia»
Maddalena Ischiale (a destra, con l'abito rosso) con il cast di Unbroken e la regista Angelina Jolie
Maddalena Ischiale (a destra, con l'abito rosso) con il cast di Unbroken e la regista Angelina Jolie
Maddalena Ischiale (a destra, con l'abito rosso) con il cast di Unbroken e la regista Angelina Jolie
Maddalena Ischiale (a destra, con l'abito rosso) con il cast di Unbroken e la regista Angelina Jolie

Con lo stesso sguardo ipnotizzatore con cui disorientava James Stewart in «Intrigo Internazionale», Martin Landau quattro anni fa ha puntato i suoi fari azzurro-ghiaccio su Maddalena Ischiale. Non con intenti omicidi, come nel film di Hitchcock, però: era curioso di sapere chi fosse quella donna un po' etrusca un po' ligure (e bresciana d'adozione), che aiutava un amico per un provino all'Actors Studio di Los Angeles - che l'attore 86enne dirige - e dopo averla vista recitare l'ha fatta entrare nel «tempio». Come le miss che accompagnano l'amica al concorso e poi vincono la gara, più o meno, ma con tanta gavetta, palcoscenico e coraggio in più.
Una parabola che, dalle esperienze con Susan Strasberg a Roma, dai festival «Shakespeare in città» e le regie per la sua compagnia «Racconti di scena» a Brescia, l'ha catapultata tra gli abbracci entusiastici di Angelina Jolie. Maddalena ha interpretato in «Unbroken» la mamma di Louis Zamperini, italo-americano che partecipò alle Olimpiadi, sopravvisse 47 giorni su una zattera e fu fatto prigioniero.
«Mammaaaa!» l'ha chiamata pure Brad Pitt, che in un primo tempo non ha riconosciuto, dietro la prorompente sensualità made in Mediterraneo della Ischiale in abiti «civili», la Louise del film diretto da sua moglie. Ma poi ha capito e, gesticolando come un giovane e biondo simil-Totò, ha fatto la bocca a cuore per dirle: «Un'interpretazione al bacio». Che volere di più?
«Restare dentro l'Actors Studio, ad esempio: qui ogni sei mesi vieni messo alla prova e, se l'esibizione non è all'altezza, sei fuori. Qualche attore può entrare per sempre. Harvey Keitel ci è riuscito dopo 9 anni. Chissà...» racconta con un sorriso luminoso, inviandoci i suoi occhi scuri via Skype, seduta nella casa che ha comprato a Silver Lake, Los Angeles. Maddalena si è tolta pure lo sfizio di avere tutti i riflettori puntati su di sé, al Millennium Biltmore di Los Angeles, perché è stata scelta per presentare la 51esima edizione dei «Cas Awards», creati da «The Cinema Audio Society», che dal '64 promuove l'eccellenza sonora delle pellicole e, ora, dei film nell'era digitale.
«Non potrei più rinunciare alla luce di questa città. Anche se quando posso torno a Brescia. Sono luoghi complementari: qui adoro perdermi a Huntington Garden a Pasadena, lì sono legatissima al castello, a Santa Giulia». Due dimensioni di natura e libertà, da una parte, e storia stratificata, dall'altra, di cui Maddalena continua ad aver bisogno: «La compagnia che ho fondato a Brescia è come una famiglia. Sono tornata per montare l'allestimento di “Beyond Therapy”, andato in scena al Pavoni. Ma con Brunella, Emanuela e tutti gli altri del teatro di via Sant'Eustacchio ci teniamo in contatto».
Un film, quello della Jolie, che ha iniettato in Maddalena una buona dose di «confidence», di fiducia in se stessa: «Anche se i no che ricevi sono frequenti, esperienze come questa e come quelle del venerdì all'Actors Studio ti galvanizzano: vengono rappresentate due scene su un palco e Martin Landau le commenta (“è sharp! Tagliente, nitido”): c'è una grande libertà di sperimentare, senza la pressione di un'audizione e le sue parole sono “oro”. Non devo pagare corsi costosi e faccio parte di questa carovana magica di artisti. È stupendo».
Forte come il giorno che i parenti di Louis Zamperini, morto a luglio, hanno visto il film e Angelina le ha detto «They love you». «Sentire che quelle persone mi volevano bene perché mi ero calata nei panni di Louise, mi ha fatto capire la potenza del cinema. Mi riconoscevano tutti come “la mamma” ma io non ho figli, anche se ho tre nipotine meravigliose!». L'accento West Coast della Ischiale è calzante, «ma non potrò mai sembrare americana - dice -: così spesso mi offrono ruoli italiani. Oppure da israeliana, araba e rumena».
Forse vedremo questa adoratrice di Shakespeare nata a Savona, che da piccola scorrazzava all'ombra della vigna dei nonni sul monte Argentario, in una grossa serie tv. Ma per ora è top secret.

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