«Non perdiamoci di vista»
Il talento scomodo di Biagi

«Quando il “nonno” arrivava e sbatteva la porta del suo ufficio, c'era poco di buono da presagire». Un aneddoto, che vale per altri centinaia. Raccontato dal regista e dirigente Rai Loris Mazzetti alla Nuova Libreria Rinascita, per la presentazione del suo libro «Enzo Biagi. Non perdiamoci di vista» (Aliberti), insieme al giornalista Enrico Danesi e al regista Angelo Bonfadini. Un tomo corposo – 608 pagine –, ma scorrevole: interviste che hanno segnato il '900, materiale sistematizzato e contestualizzato a dieci anni dalla morte di uno dei più grandi maestri del giornalismo italiano.

«IO E LUI venivamo spesso a Brescia: Biagi era amico di Martinazzoli, uno dei pochi politici che considerava per bene – svela l'autore –. In quei casi, però, non si parlava di politica, ma di massimi sistemi. E si mangiava».

Nel testo i faccia a faccia diventano, una tantum, il modo per spiegare l'intervistatore, non l'intervistato: «Era un uomo di grande generosità, divertentissimo nel rapporto quotidiano – prosegue Mazzetti –: non prendeva scorciatoie. Al mattino portava un cabaret di paste o di brioche. La prima riunione di redazione della giornata diventava però una specie di interrogatorio». Tra i maggiori talenti emerge la capacità di scegliere la strada migliore per raggiungere l'obiettivo, ma anche il rispetto per il lettore. Prosegue Mazzetti: «Ai miei occhi Biagi era un mito. Sognavo di lavorare con lui, anche se ero già televisivamente solido. Ho visto come nascevano le interviste, osservavo la tecnica che usava per fare un percorso. C'è un esempio straordinario, quello del serial killer Gianfranco Stevanin. Non aveva mai ammesso i suoi omicidi: dopo 12-13 minuti di dialogo con Biagi arrivò a chiedere scusa alle famiglie delle sue vittime». Rivendicare la faziosità, infine: «Biagi ammetteva di esserlo, nella concezione di partire da un punto di vista o da un'opinione. E d'altronde “Il fatto” era in realtà “Il fatto di Enzo Biagi”. È stato un personaggio, non solo un giornalista, molto scomodo».J.MAN.

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