«ORA S’INVESTA IN CULTURA»

Michael Jackson e la Pepsi: un connubio che ha fatto la storia del marketing nel mondo e ancora continua a far sentire la sua influenza
Michael Jackson e la Pepsi: un connubio che ha fatto la storia del marketing nel mondo e ancora continua a far sentire la sua influenza
Michael Jackson e la Pepsi: un connubio che ha fatto la storia del marketing nel mondo e ancora continua a far sentire la sua influenza
Michael Jackson e la Pepsi: un connubio che ha fatto la storia del marketing nel mondo e ancora continua a far sentire la sua influenza

•• In una fase storica così delicata è giusto interrogarsi sulle possibili soluzioni ad una crisi, ormai strutturale, che dai primi anni 2000 si è ripresentata sotto forme diverse - 11 settembre, subprime, Covid 19 - ma con un denominatore comune: la mancanza di visione a medio-lungo periodo necessaria per dar vita ad un progetto di rilancio del nostro Paese. In questo quadro s’inserisce la grande opportunità rappresentata dal denaro del Next Generation EU o, volgarmente, recovery fund e di fronte a questa non possiamo esimerci da una più generale riflessione sulla necessaria capacità di esercitare una dote assai rara: la lungimiranza. Per capire quanto sia importante la visione a medio-lungo periodo vorrei raccontare una storia che si trova mirabilmente descritta nelle pagine di un libro che amo dal titolo «Blues Marketing»: la storia di come la Pepsi riuscì ad attuare un piano strategico di crescita basato sul marketing etnico e, contemporaneamente, a superare le barriere razziali dell’America del post dopoguerra. A capo della Pepsi, in quella seconda metà degli anni ’40, c’era un uomo visionario, Walter Mack, che aveva capito che per essere in grado di competere con Coca Cola la sua azienda avrebbe dovuto avere la capacità di guardare al futuro del Paese. Mack decise, con grande coraggio, di rivolgere le sue attenzioni all’audience degli afroamericani, allora discriminati, con la convinzione che loro sarebbero diventati strategici per il mercato americano da lì a pochi anni. Così ne assunse alcuni e creò una divisione commerciale dedicata alla penetrazione di Pepsi in questo target specifico con campagne marketing che presentavano pubblicamente questa nuova immagine di classe media. La reazione dell’ala più estrema dei segregazionisti fu molto dura e scosse l’opinione pubblica incentivando così il dibattito sull’opportunità di certe leggi. Fu così che Pepsi, da piccolo competitor di Coca Cola, divenne la seconda azienda a livello mondiale nel suo mercato di riferimento arrivando, negli anni ’80, grazie anche alla figura iconica del suo testimonial, Michael Jackson, a insidiarne la leadership. Questa storia insegna che solo cercando di «anticipare» il futuro si può ottenere il successo sperato e deve essere da monito per chi si troverà a scegliere come investire le ingenti risorse economiche messe a disposizione dell’Italia dall’Unione Europea. Per farlo bisognerà individuare un asset strategico su cui andare a costruire tutto il progetto di rilancio e questo asset non può che essere la Cultura, la vera base da cuifar ripartire l’economia italiana. La capacità di unire un grande bagaglio culturale, con la grande fantasia che ci contraddistingue, può trasformarsi nella migliore delle armi a nostra disposizione per guadagnarci ancora un ruolo preminente nello scacchiere dell’economia mondiale. Dobbiamo però riprendere ad investire sulla formazione culturale delle nuove generazioni uscendo dall’appiattimento che c’è stato, negli ultimi decenni, sull’utilizzo sterile della tecnologia. Dobbiamo investire innanzi tutto sui luoghi dove si impara la cultura: scuole, università ed accademie devono tornare ad essere al centro di qualunque politica governativa che sia in grado di guardare con lungimiranza all’Italia ed al mondo del futuro. E poi bisognerà investire sui luoghi dove la cultura si crea, dove si contamina, come i musei e i teatri. Se pensiamo che il solo Louvre incassa poco meno della metà dell’intero sistema museale, monumentale e archeologico italiano capiamo quanta strada ci sia ancora da percorrere per trasformare in vera ricchezza nazionale l’enorme patrimonio di cui l’Italia è detentrice. La speranza è che questo tema possa diventare parte dell’agenda del nuovo governo in formazione… Per farlo si deve dare vita ad una forma di Stati Generali della Cultura che diventino un organo permanente con cui chi dovrà decidere del futuro del nostro Paese si possa confrontare. Se davvero nei prossimi mesi metteremo in gioco il futuro delle prossime generazioni non possiamo sottrarci a questa sfida, perché rimettere al centro la Cultura significa poter dare vita ad un nuovo Umanesimo ed un nuovo Rinascimento riposizionando l’Italia nella sua naturale collocazione sulla scena mondiale: quella di culla della civiltà.•.

Suggerimenti