Profondo Grossman Commovente memoria

di Marta Giansanti
David Grossman al Teatro Sociale, al debutto di «Caduto fuori dal tempo»
David Grossman al Teatro Sociale, al debutto di «Caduto fuori dal tempo»
David Grossman al Teatro Sociale, al debutto di «Caduto fuori dal tempo»
David Grossman al Teatro Sociale, al debutto di «Caduto fuori dal tempo»

Sublime, commovente, profondo: un viaggio dentro la morte, verso l’innaturale dolore di un genitore costretto a sopravvivere alla perdita di un figlio. Racconto e memoria di struggenti tragedie, parola poetica e universale per curare e consolare. La première di «Caduto fuori dal tempo», prodotto dal Centro Teatrale Bresciano è stata accolta da lunghi applausi che hanno risuonato al Teatro Sociale. Un successo, inserito all’interno del Festival della Pace, a cui ha assistito anche lo scrittore israeliano David Grossman, salito sul palco al termine della rappresentazione: è dal suo omonimo scritto, edito in Italia da Mondadori e tradotto da Alessandra Shomroni, che è stata tratta l’opera dalla dimensione intima, in cui riaffiorano nostalgici momenti di gioia e infiniti attimi di tristezza. Sono le storie delle cronache cittadine, sono i lutti di genitori che hanno perso quanto di più caro avevano al mondo. Una malattia, un incidente, uno stupido gioco, una maledetta guerra. Storie da imprimere, nero su bianco: un compito affidato allo Scriba, dal suo Duca, «vittime» della stessa «condanna». Un progetto, con elaborazione drammaturgica e interpretazione di Elena Bucci e Marco Sgrosso. È lo Scriba a guidare lo spettatore tra le storie di un paese sospeso tra epoche diverse in cui riaffiorano immagini di morte, esistenze che si trascinano spinte da una sofferenza impossibile da sopire, da vite stanche di essere vissute. Un vagare all’interno di una nostalgia eterna che si rinnova perché «tutto ciò che è, è soltanto l’eco di ciò che non è e non sarà mai più». Una marcia, guidata dalle musiche originali eseguite dal vivo da Simone Zanchini nello straziante suono della sua fisarmonica, nel rimpianto di quei bambini che erano e di quegli uomini che non saranno mai. Genitori colpiti dal dramma partecipano alla veglia di un sogno innescata dalla partenza di un Uomo. Un cammino lungo l’ignoto, verso il «laggiù», dove il mondo dei vivi confini con la terra dei morti, per rivedere il proprio figlio almeno un’ultima volta, salutarlo e forse, accettarne l’assenza e la privazione. Una disperazione vissuta dallo stesso scrittore che nel 2006 perse il secondogenito Uri, ucciso da un missile anticarro durante una missione sul fronte libanese. Un inno all’amore di un padre verso un figlio che non c’è più, marchiato a fuoco da un lutto che resterà impresso per sempre nel cuore. In un’intimità in cui però il dolore si trasfigura, in cui i drammi individuali come nebbia si dissolvono nell’accettazione. Intensità, verità e la volontà di sottrarre la memoria alla tenebra per riconsegnarla, con un sorriso colmo di amore, alla vita e a uno spiraglio di luce nuova. Spettacolo in scena fino al 28: feriali alle 20.30, domenica alle 15.30.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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