Quanto è breve il passo dallo «sciaf» allo «sciaffù»?

Schiaffi: non darne (né prenderne)
Schiaffi: non darne (né prenderne)
Schiaffi: non darne (né prenderne)
Schiaffi: non darne (né prenderne)

Succede nei giorni scorsi – sponda bresciana dell’Alto Lago – che un barista abbia mollato uno schiaffone al comandante della locale polizia municipale nella funzione dei suoi doveri, il che è ancora più grave, configurando un reato penale per l’oltraggio a pubblico ufficiale di cui si è macchiato l’incontenibile commerciante. Era accaduto che i vigili della «ridente cittadina lacustre» stessero controllando le distanze dei tavolini all’aperto previste dalle norme anti Covid. Setacciando, non solo il locale del manesco barista, ma di tutti i suoi – tanti – colleghi sparsi fra centro e periferia. Colto da improvvisa ribellione, il suddetto ha cominciato a far volare le sedie dei tavolini per poi scagliarsi contro l’ufficiale in divisa mollandogli uno schiaffone. Sciaf! Un suono non proprio bello per chi lo riceve. Suono che genera una delle tante parole che sono onomatopee: evocano cioè suoni e rumori di vario genere, da quelli umani (uno schiaffo, appunto), a quelli animali (il miao o il chicchirichì, per fermarsi a quelli domestici). Dopo l’episodio, il paese ha avuto di che chiacchierare. Lo schiaffo – «sciaff» in dialetto bresciano – è diventato subito «sciaffù» (e non conoscendone i dettagli – ognuno li custodisce gelosamente, per opposte ragioni - dobbiamo fidarci della chiacchiera) con le tifoserie l’un contro l’altra armata: chi per il manesco, chi per la vittima, con i (pochi, in realtà) sostenitori delle ragioni del barista a giustificare l’oltraggio con l’intollerabile situazione cui la pandemia ha costretto chi vive di commercio. Da parte nostra, sosteniamo che proprio no, gli «sciaff» non si danno nessuno (quasi).•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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