RAFFAELLO GUZMAN BARONE BLU DEI CIELI

di Chiara Comensoli
Uno scatto storico con alcuni dei piloti dei Sorci Verdi: alle loro spalle, i celebri topolini Raffaello Guzman (Brescia il 23 luglio 1905 - Roma 13 settembre 1984)
Uno scatto storico con alcuni dei piloti dei Sorci Verdi: alle loro spalle, i celebri topolini Raffaello Guzman (Brescia il 23 luglio 1905 - Roma 13 settembre 1984)
Uno scatto storico con alcuni dei piloti dei Sorci Verdi: alle loro spalle, i celebri topolini Raffaello Guzman (Brescia il 23 luglio 1905 - Roma 13 settembre 1984)
Uno scatto storico con alcuni dei piloti dei Sorci Verdi: alle loro spalle, i celebri topolini Raffaello Guzman (Brescia il 23 luglio 1905 - Roma 13 settembre 1984)

73 giorni di assedio, 4 assalti, 93 mila vittime. Sono gli ultimi rigurgiti della canicola dell’estate del 1941. Il terreno è caldo, l’aria pesante. L’afa, mitigata dalle correnti d’aria che spirano da est, rende più faticosa la cautela: l’unico obiettivo è avanzare. Anche di pochi metri, passi, centimetri. Perché, ad ogni squarcio di terra conquistato, la città di Odessa - uno dei porti più importanti affacciati sul Mar Nero, tetra finestra sul mondo orientale - è sempre più vicina. A sua tutela 3 linee difensive, la flotta del Mar Nero, 35 mila uomini, 240 pezzi di artiglieria, il reggimento aereo dei caccia, due squadroni di idrovolanti e uno di bombardieri: il meglio della tecnologia militare dell’Unione Sovietica. Decisi a penetrare la fortificazione, gli eserciti rumeno e tedesco. Contemporaneamente, a chilometri e chilometri di distanza, i reporter di guerra combattevano l’attesa. Tra loro, trepidante, Raffaello Guzman, giornalista del bolognese Il Resto del Carlino. L’attesa non era densa di informazioni, ma quelle che riuscivano a superare la fortificazione delle barricate e giungere fino alle loro orecchie erano assai contraddittorie. Quella più succosa di tutte riuscì a giungere, accompagnata dall’autunno, al loro cospetto: la Wehrmacht aveva conquistato Odessa ed era pronta a rilasciare a tutte quelle orecchie in visibilio i permessi per entrare in città. Guzman non aveva un vantaggio temporale, ma ne aveva uno spaziale: decise, su due piedi, di volerli entrambi. Disobbedì al protocollo e saltò sul proprio Saiman 202, concessogli in dotazione personale in quanto pilota esperto, e volò lungo la sottile e slabbrata cerniera imbastita per sigillare il fronte russo: nei cieli polverosi del fronte orientale scrisse i propri servizi giornalistici, ricopiando sul taccuino della mente tutta la devastazione sottostante il rumore del motore, la carneficina degli edifici, gli scheletri dell’umanità, l’esalazione finale di Odessa. Guzman fu il primo giornalista a mettere piede su quella grande mina inesplosa, a proprio rischio e pericolo: quel cielo, solo poche ore prima, era ricolmo di armi e il suo aeroplano avrebbe potuto essere abbattuto in ogni istante. Il colpo, tuttavia, riuscì. Nato a Brescia il 23 luglio 1905 e spirato a Roma il 13 settembre 1984, Raffaello Guzman aveva forse ereditato una certa dose di sfrontatezza e insubordinazione dalla fiera nobiltà della famiglia palermitana dalla quale ebbe origine. Prima della guerra, la sua, era una delle firme più prestigiose del giornalismo sportivo e, nel 1932, divenne redattore del quotidiano Il Messaggero. Appassionato di motori, e desideroso di spiccare il volo, si arruolò nella Regia Aeronautica prendendo il brevetto di pilota militare. A bordo del velivolo riuscì ad essere combattente e insieme corrispondente di guerra: i suoi occhi alati si posarono sopra l’Africa settentrionale, l’Albania, l’Unione Sovietica. Ridisceso sulla terra, alla fine del conflitto, lavorò per Il Tempo e fondò, nel 1957, l’Unione Giornalisti Aerospaziali Italiani. Nel cielo, si, ma anche sulla terra correva veloce la sua passione per i motori, tanto che venne soprannominato da Enzo Ferrari il «barone blu del motorismo». Nel 1936 partecipò alla Mille Miglia e vinse nella propria categoria - classe G - grazie ad una Fiat 508 sport «Balilla». Il 7° Gran Premio di Tripoli, il 1° Giro Automobilistico d’Italia, la Targa Florio: non ci fu celebrazione motoristica che la sua firma di giornalista non commentò e i suoi occhi da pilota non videro. Il Barone Blu, a dispetto dell’antichità della nobiltà dalla quale discendeva, aveva uno sguardo sul mondo decisamente innovativo: nel 1935 scrisse l’opera «L’autoveicolo a gasogeno e le sue benefiche ripercussioni sull’economia nazionale»: per affrancare l’Italia dal giogo dell’importazione dei carburanti. Volando, volando, Guzman era approdato oltre: tanto vicino al futuro da poterlo sorvolare.•.

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