Soldati a Verolanuova: «Straordinario Tiepolo e molte delizie genuine»

di Simona Duci
Particolare de «Il sacrificio di Melchisedec», uno dei due teleri di Verolanuova: l’altro è «La raccolta della manna»«Notes» di Soldati  su Verolanuova
Particolare de «Il sacrificio di Melchisedec», uno dei due teleri di Verolanuova: l’altro è «La raccolta della manna»«Notes» di Soldati su Verolanuova
Particolare de «Il sacrificio di Melchisedec», uno dei due teleri di Verolanuova: l’altro è «La raccolta della manna»«Notes» di Soldati  su Verolanuova
Particolare de «Il sacrificio di Melchisedec», uno dei due teleri di Verolanuova: l’altro è «La raccolta della manna»«Notes» di Soldati su Verolanuova

Nelle ultime settimane allo storico ristorante Burtulì di Verolanuova è stata riesumata una reliquia. Si tratta di un articolo del 1964, di un giornale milanese, che porta la firma del grande regista, scrittore e giornalista Mario Soldati. I figli del ristoratore che hanno ereditato il locale, oggi Vecchia Filanda, l’hanno scoperto in un cassetto, alla dipartita del padre. E giusto a cavallo dell’inaugurazione del «menu dei Gambara ritrovati», dedicato ai teleri di Giambattista Tiepolo, realizzato per il festival Tiepolo Scomposto, che per tutto maggio viene offerto da tre ristoranti verolesi, (AlParco, Spazio Marconi, Bottega del caffè) hanno deciso di richiamarlo in causa. Nell’attualissima rubrica «Notes» il maestro Soldati racconta del suo viaggio verso Verolanuova, per vedere le «immense e inamovibili tele del Tiepolo». Le descrive così, e precisa che nell’intento di cogliere ogni sfumatura di quel curioso paese, nella bassa bresciana che si fa custode di tali capolavori, viaggia sotto copertura. «Non avevamo ancora visto le due tele, e vagamente le immaginavamo - scrive - ma ciò che non avremmo mai immaginato è la grandiosa, originale fantastica Verolanuova». Si perché Soldati, nonostante i suoi occhi abbiano visto davvero tanto, si lascia rapire dalla città. Dalla sua gente, di cui parla con affetto, fino al cibo, «magicamente genuino», cucinato con antiche ricette, per cui lascia un resoconto appassionante. «Nell’osteria - scrive Soldati - troviamo uova, carne, formaggetta, specialità di Verolanuova, e soprattutto l’insalata, tenere profumate foglie di radicchio, che la moglie di Burtulì con un coltellaccio va a tagliare per noi nell’orto. E ci abbandoniamo e ci gustiamo le delizie, quasi senza fine». Prosegue con l’arrivo alla Basilica, dove sono custoditi i dipinti. E parte con una considerazione nei confronti delle tele, e del genio di Tiepolo, che vale la pena di rileggere tutta d’un fiato. «Il Tiepolo - scrive nell’articolo - ebbe l’idea straordinaria di costruire le tele come schema prospettico, a vicendevole incastro. Una delle due è a M, l’altra è a W. Così che se per ipotesi le due piccole folle di figure che compongono le due scene, improvvisamente si animassero, e gli alberi e le suppellettili diventassero praticabili le due opere potrebbero entrare una dentro l’altra. E pensare, dice il vecchio sacrestano, che quando lui stava qui a dipingere questi quadroni gli davano come paga 6 baiocchi e una minestra al giorno, niente di più. Nessun regista al mondo nemmeno Fellini sarebbe stato in grado di insegnargli la battuta così bene. Sembra proprio che se lo ricordi, il Tiepolo, che ce l’abbia ancora davanti agli occhi anche se sono passati duecentoventisei anni». •. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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