«Sorgerà casa
Severino»

di Gian Paolo Laffranchi
Il 5 aprile 2019, nel corso della sua visita bresciana, il premier Giuseppe Conte volle incontrare il filosofoEmanuele Severino con la figlia Anna al Museo Nazionale della Fotografia: «bresciano dell’anno 2019»
Il 5 aprile 2019, nel corso della sua visita bresciana, il premier Giuseppe Conte volle incontrare il filosofoEmanuele Severino con la figlia Anna al Museo Nazionale della Fotografia: «bresciano dell’anno 2019»
Il 5 aprile 2019, nel corso della sua visita bresciana, il premier Giuseppe Conte volle incontrare il filosofoEmanuele Severino con la figlia Anna al Museo Nazionale della Fotografia: «bresciano dell’anno 2019»
Il 5 aprile 2019, nel corso della sua visita bresciana, il premier Giuseppe Conte volle incontrare il filosofoEmanuele Severino con la figlia Anna al Museo Nazionale della Fotografia: «bresciano dell’anno 2019»

Domenica sarà un anno. Ricordarlo è più che doveroso: logico e naturale, trattandosi del più grande filosofo bresciano, italiano, europeo degli ultimi decenni. Rivoluzionario senza andare mai sopra le righe, fermo nelle sue convinzioni anche a dispetto dei santi, senza timori reverenziali verso ideologie che con il suo pensare (e operare) ha contribuito a ridimensionare. Nonostante questo, o forse proprio per questo, Emanuele Severino (1929-2020) avrebbe sorriso all’idea di ricorrenze e celebrazioni varie. Consapevole di quanto conti ciò che si fa, che si è, molto più di quel che si dice, di quanto si parla. Un anno senza Severino e la sua assenza pesa. Una mancanza acuta per chi era abituato a farsi illuminare dalla sua mente che vedeva lontano e scorgeva praterie dove per altri erano solo strade sbarrate, vicoli ciechi. I suoi scritti sono preziosi, vengono ripubblicati e ancora sorprendono per la portata visionaria. Un’eredità mantenuta viva dall’Ases, che ha un nuovo presidente: è la figlia Anna Severino, professoressa come il padre, laureata in Matematica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia e già Quality Manager nel settore dell’Information Technology. In questi giorni si informa dal Piemonte sull’andamento dei lavori nell’abitazione bresciana che fu del padre, coordinandosi con il fratello scultore Federico. La casa di Severino è in via di trasformazione? Sì, proprio in questi giorni. L’Ases ha sempre trovato ospitalità nella casa di mia padre, ma vogliamo dare all’associazione una sede adeguata. Di concerto con il Comune, stiamo allestendo una zona per la sede dell’Ases e un’altra per l’archivio dei testi di mio padre: un centro studi con una foresteria per accogliere chi vorrà visitarlo e approfondire quando la pandemia lo consentirà. Il Covid complica gli spostamenti, ma una cosa bella avvenuta dopo la perdita di mio padre è che io e mio fratello ci siamo avvicinati e siamo molto uniti. Ci stiamo aiutando tanto. Dunque nasce Casa Severino. E un anno pare volato, se si pensa a quanto è presente il pensiero di suo padre, per quanto il 2020 sia stato duro e interminabile per colpa del Coronavirus. Cosa ne avrebbe detto suo padre? Avrebbe analizzato la situazione con estrema pacatezza, al suo solito. Non avrebbe azzardato considerazioni improvvisate, avrebbe inserito il Covid nel quadro generale che ha sempre descritto. Nell’immagine a lui cara del trapezista che abbandona l’epistème per volare verso il paradiso della tecnica c’era già una prevedibile insicurezza. Sarebbe rimasto imperturbabile di fronte alla sciagura: anche nei momenti più difficili non l’ho mai visto farsi prendere dallo sconforto. Mai in preda alla scompostezza. Oggi Severino è universalmente celebrato e anche le sue idee più scomode sono sdoganate, quasi ci si concentrasse di più sulla sua figura gigantesca che sugli aspetti specifici del suo pensiero. Eppure per il suo coraggio anti-ideologico era stato osteggiato a lungo, da più parti. Giusto ricordarlo. Mio padre è sempre stato un lottatore dal rigore inflessibile, la sua pacatezza si sposava alla coerenza. Non indietreggiava davanti alle difficoltà. Mai. «Il mio pensiero» era un’espressione che non gli piaceva: preferiva parlare del «contenuto» dei suoi scritti. Si sta verificando un fenomeno non voglio dire agiografico... Ma indubbiamente molti manifestano apertis verbis apprezzamento e stima, mentre sul finire degli anni ’60 e durante i ’70 non era assolutamente non era così. Esiste un pensatore paragonabile oggi? No. In tutta franchezza io non lo vedo. Certo, ci sono potenti figure di pensatori figlie del loro tempo. Ma questo tempo assiste a un allontanamento dal pensiero forte, dalla metafisica. Si avvicina il 2023 e Brescia sarà «capitale della cultura». Cos’avrebbe pensato suo padre di questa chance? Ne avrebbe colto l’importanza. L’Ases, che ne raccoglie l’eredità, non rimarrà immobile. Io ho un debito di riconoscenza con i presidenti che mi hanno preceduto, i professori Vincenzo Milanesi e Ines Testoni. Hanno curato lo start-up, la fase più impegnativa dell’associazione. Ringrazio il consiglio direttivo per il gentile invito a svolgere questo compito. Le nostre attività proseguono: è stato presentato online il volume «Il sentiero del giorno»; è uscito l’ultimo numero di «Eternity & Contradiction» incentrato sul destino della necessità; Morcelliana ripubblica «Il principio di non contraddizione di Aristotele» e la nuova edizione sarà presentata da un video su YouTube. Voglio inoltre ringraziare il Ctb per le splendide iniziative che hanno ricordato mio padre. Emanuele Severino, giustamente, profeta anche in patria. Ne era felice. Dialogava con tutti, in ogni direzione. Giusto che la sua eredità filosofica sia condivisa.

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