Spazio Contemporanea Esplorazione profonda

di Elia Zupelli
«There’s more than meets the eye» da Spazio Contemporanea, in città
«There’s more than meets the eye» da Spazio Contemporanea, in città
«There’s more than meets the eye» da Spazio Contemporanea, in città
«There’s more than meets the eye» da Spazio Contemporanea, in città

Un’immersione profondissima nelle zone buie, dove regna l’inerzia, l’oscillazione, il rimuginio, la passività, l’ostinazione…aree da cui scaturiscono domande, spazi liminali in cui ci si smarrisce, si decide se opporre resistenza alla vita o se lasciarla fluire. Ciascuna col proprio linguaggio e la propria espressività, pur nella comune fascinazione per l’ignoto di questi «iati» in cui calarsi e investigare se stessi e la vita, Armelle des Ligneris, Ilaria Piccirillo, Maria Allegretti e Margherita Mezzetti scavano e vanno a fondo manifestando le rispettive visioni in «There’s more than meets the eye», titolo della mostra a cura di Caterina Fondelli allestita e visitabile fino al 25 marzo da Spazio Contemporanea, in città (info e orari: www.spaziocontemporanea.eu). Ricerca, studio, esplorazione: «I momenti sospesi nelle nostre esistenze sono frequenti, tendono a reiterarsi e a sembrare dilatati e senza fine quando ci si viene a trovare al loro interno» osserva la stessa Fondelli. «Potrebbero apparire, ad una prima analisi superficiale, trascurabili, non certo degni di assurgere a ruoli di protagonisti, tanto da dedicargli un intero progetto visivo di vasta scoperta e rivelazione... I vuoti esistenziali assumono vesti svariate accompagnate da un’ampia gamma di sentimenti e atti quali apatia, entusiasmo, creazione o distruzione, rilassatezza, contemplazione, fantasia». Ecco allora che vecchie foto di istanti di convivialità all’aria aperta, architetture, spazi deputati allo sport, possono divenire soggetti e ispirazioni di pitture evanescenti e dagli strati acquosi e leggeri, che con fare non declamatorio parlano di potere e provano a disinnescarlo appropriandosi del concetto e della rappresentazione del «vuoto». La vacuità può dunque anche riempirsi, tramutarsi in ingegno, ludicità e divertissement: «L’immedesimazione è un altro strumento fondamentale in queste fasi di impasse, dato che il riconoscere una prova del nostro esistere tramite l’altro, il condividerne trepidazioni e sofferenze, diventa un riconoscimento identitario forte e ineguagliabile per compiere un movimento in avanti», continua la curatrice. «Il carico psicologico che può connotare questi stati è innegabile: 'There’s more than meets the eye' è dunque un motto, un modus vivendi che collega anche la poetica e le opere delle artiste riunite in mostra, perché al di là di quei frammenti di esistenza costituiti da luoghi, oggetti, persone, la cui patina estetica pare essere caratterizzata da calma, ponderazione, minute e delicate mosse, si riversano mondi molto più vasti, riferimenti a tematiche sociali e universali di portata essenziale e collettiva».•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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