Nella vertigine delle linee, il segno tracciato da una matita si può fare metamorfosi della carrellata di una cinepresa, tessendo il filo rosso che abbraccia le storie di un’epoca in perpetuo mutamento.
È questa natura non addomesticabile del gesto artistico ad attraversare la mostra «Lorenzo Mattotti. Storie, ritmi, movimenti», che da domani fino al 28 gennaio abiterà gli spazi del Museo di Santa Giulia grazie al lavoro curatoriale di Melania Gazzotti e alla collaborazione tra Comune e Fondazione Brescia Musei; un percorso espositivo nel corpus creativo di Mattotti, artista poliedrico nato a Brescia nel 1954, che si concentra sulla musica, il cinema e la danza e che, spiega la curatrice, «mostrerà ai visitatori il processo creativo indagando i temi della rappresentazione del suono, del movimento e del dinamismo». Il 21 e il 22, a Santa Giulia è in programma «Inside Mattotti», esplorando il suo mondo con la tecnica del green screen; un laboratorio con «un magico telo verde non solo per osservare e comprendere le colorate e sinuose forme create dall’artista - spiega l’organizzazione -: possiamo entrare e divenire protagonisti delle sue intime e oniriche visioni avendo come limite solo la nostra immaginazione». Il tutto in collaboraione con Avisco – Audiovisivo Scolastico.
«Storie, ritmi, movimenti» fa pensare a una linea circolare che la riporta in questa città, dopo tanti anni. Che sensazioni le suscita questo ritorno?
Sono nato a Brescia ma qui ho vissuto pochissimo. Non la conoscevo veramente, avevo solo alcuni ricordi simili a dei flash legati alla mia infanzia. Venire in questa città, dunque, per me ha il gusto di una scoperta che mi ha portato ad ammirare un centro storico straordinario e una bellezza che sto scoprendo giorno per giorno.
E, di pari passo, il pubblico potrà riscoprire la sua opera seguendo un inedito percorso tematico.
Abbiamo pensato a una mostra suddivisa in tre parti: nella sezione musicale saranno esposte le illustrazioni che ho firmato per “The Raven” di Lou Reed e le tavole per “Hänsel und Gretel” di Humperdinck, mentre in quella dedicata alla danza verranno esposti i disegni raccolti nel libro “Carneval” accanto a un grande trittico che ho dipinto appositamente per la mostra e dedicato alla danza collettiva.
E poi c’è il cinema. Che è una sua grande passione.
È un rapporto molto vivo, che viene da quando ero ragazzino. In quegli anni si guardava un film come si potrebbe leggere un libro, era una fruizione culturale e non industriale come capita oggi. Dopo aver firmato “La famosa invasione degli orsi in Sicilia”, tratto da Buzzati, ho deciso di tornare all’immagine disegnata, all’urgenza espressiva in solitudine.
Le altre arti sono dunque in dialogo con le sue opere?
Sicuramente le ispirano. La danza, ad esempio, approfondisce il rapporto con il corpo e l’espressione fisica, mentre la musica porta a chiedersi come sia possibile visualizzare in immagini ciò che per natura è invisibile. C’è chi ha scritto che i miei disegni hanno una struttura più musicale che pittorica, e forse ha ragione, mi piace pensare che le mie matite e i pennelli siano accordi musicali.
E a che punto è oggi questo suo spartito?
Credo di aver conquistato delle zone di leggerezza che prima non riuscivo ad avere. Mi piace pensare che le mie opere possano donare energia ed essere una spinta per andare avanti. Vorrei soprattutto trasmettere ai più giovani il valore del mestiere e delle ore passate a disegnare: è la passione dell’esplorare e del perdersi, il senso del disegno inventato giorno per giorno e della sua vita incontrollabile.