Warhol, il pop «Era Paolo VI»

di Elia Zupelli
Il rapporto fra l'artista e il sacro rivive oggi nell'incontro online della Collezione. Josè Carlos Diaz, curatore della mostra «Revelation», condividerà i suoi studi sulle connessioni fra arte e spiritualità nella vita di Andy
Autoritratto di Andy Warhol, indiscussa icona della Pop-art
Autoritratto di Andy Warhol, indiscussa icona della Pop-art
Autoritratto di Andy Warhol, indiscussa icona della Pop-art
Autoritratto di Andy Warhol, indiscussa icona della Pop-art

 

 

Dal diario personale di Andy Warhol, in ricordo del viaggio di Paolo VI nella Grande Mela il 4 ottobre 1965: «Abbiamo visto la maggior parte del tour del Papa a New York in Tv alla Factory. È passato proprio sotto la nostra finestra mentre si recava alle Nazioni Unite. Io rimasi lì solo a pensare a come Papa Paolo VI, lui in persona, era venuto proprio accanto alla Factory quel pomeriggio. Voglio dire, il Papa, il Papa! Fare tanto in così poco tempo con quello stile, l’attraversamento dei vari quartieri della città, l’incontro col presidente Johnson, il discorso all’Onu, la messa allo Yankee Stadium per 90 mila persone, la visita alla Fiera Mondiale a cui il Vaticano aveva esposto niente meno che la Pietà di Michelangelo… non riesco a immaginare niente di più pop».

A oltre mezzo secolo di distanza, il rapporto fra Warhol e il sacro rivive oggi, sabato 25 giugno, durante l’incontro online della Collezione Paolo VI con Josè Carlos Diaz - deputy director del Seattle Museum of Art, già chief curator del The Andy Warhol Museum di Pittsburgh nonché curatore della mostra «Revelation», che ha esaminato tutta la produzione warholiana attenta al tema del sacro - il quale per la prima volta in Italia condividerà i suoi studi dedicati proprio al rapporto tra arte, fede e spiritualità nella vita e nell’opera dell’artista americano. Tracce rare, sfuggenti: un esempio è quello dello storico dell’arte John Richardson, già amico e biografo di Pablo Picasso, che aveva frequentato Warhol anche privatamente. Richardson tenne l’orazione funebre in suo onore (il 1° aprile 1987, nella Cattedrale di St. Patrick di New York): «Vorrei ricordare un aspetto del suo carattere che nascondeva a tutti tranne che ai suoi amici più stretti: l’aspetto spirituale. Quanti di voi lo hanno conosciuto in circostanze che erano agli antipodi della spiritualità potrebbero essere sorpresi dall’esistenza di questo aspetto, ma c’era, ed era fondamentale per la mente dell’artista»; e ancora sottolineava come «Andy non ha mai perso l’abitudine di andare a messa più spesso di quanto fosse obbligato a fare. Come ricorderanno gli altri parrocchiani, passava dalla sua chiesa, St. Vincent Ferrer, diverse volte alla settimana fino a pochi giorni fa prima di morire. Per quanto ne so, è stato responsabile di almeno una conversione. Provava un notevole orgoglio nel finanziare la formazione di un suo nipote al sacerdozio, e aiutava regolarmente in una mensa per i poveri e i senzatetto. Andy teneva ben nascoste questa attività».

La videoconferenza sarà in inglese con traduzione e accompagnamento a cura dell’Università Cattolica, gratuita con prenotazione obbligatoria su www.bit.ly/registrazione-eventi-collezione-paolo-vi, alle 18 su Google Meet, a numero chiuso per 150 persone (www.collezionepaolovi.it).•.

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