Covid, agricoltura stop ma con prospettive ok

Da sinistra Oscar Scalmana, Luigi Barbieri e Giovanni Garbelli
Da sinistra Oscar Scalmana, Luigi Barbieri e Giovanni Garbelli
Da sinistra Oscar Scalmana, Luigi Barbieri e Giovanni Garbelli
Da sinistra Oscar Scalmana, Luigi Barbieri e Giovanni Garbelli

Il Covid ferma la corsa dell’agricoltura bresciana: nel 2020 la Plv del comparto provinciale si ferma a 1,595 miliardi di euro, in calo del 4,04% sul 2019. Il dato emerge da «Conoscere l’Agricoltura 2021», tradizionale volume sui risultati del settore, redatto annualmente dal 1972, presentato online dai vertici di Confagricoltura Brescia. «Per la prima volta dopo diversi anni registriamo un’inversione di tendenza - evidenzia il presidente Giovanni Garbelli, affiancato dai vice Luigi Barbieri e Oscar Scalmana -. Una frenata evidente soprattutto in ambito zootecnico, meno nelle produzioni vegetali graziate da condizioni meteo particolarmente favorevoli». In primo piano il latte: Brescia, provincia leader in Italia, continua a crescere in volume e vola ormai oltre i 15 milioni di quintali con un incremento del 5%, ma i realizzi segnano un -1,91%, con un calo medio dell’8% del prezzo pagato alla stalla e un forte aumento dei costi (soprattutto per le materie prime come mais e soia). «Si allarga il differenziale tra chi appartiene al mondo cooperativo della filiera Grana Padano, che l’anno scorso ha potuto contare su quotazioni oltre i 40 centesimi al litro, mentre chi conferisce all’industria non è andato oltre i 37 centesimi di media - spiega Luigi Barbieri -. Per questo, come Confagricoltura, stiamo valutando nuovi modelli di cooperazione per sostenere anche chi è fuori dal circuito delle referenze Dop: con numerosi partner istituzionali abbiamo allo studio un progetto finalizzato a trovare collocazioni alternative per la materia prima rispetto ai canali tradizionali, anche in virtù di una situazione proiettata al rialzo in termini di volumi. Per quanto deficitaria, per molti mesi all’anno l’Italia riesce a coprire il fabbisogno interno con la produzione nazionale, con ricadute negative sulle quotazioni del latte spot per eccesso di offerta. Da qui la necessità di studiare altre opportunità di sbocco a 360 gradi nell’industria». Ma il segno è negativo anche per gli altri pilastri zootecnici bresciani: i suini incassano un pesante -8,98%, gli avicoli arretrano del 7%, giù anche i bovini da carne con il -4,21%. Per trovare il segno positivo bisogna guardare ai cereali (+11% per il mais). Bene anche uve doc e olive, anche se in questo caso alle soddisfazioni per i raccolti si contrappongono i timori per i dati negativi sulle vendite dovuti alla pandemia. A risentire dell’annus horribilis del Coronavirus, del resto, sono soprattutto le realtà a maggiore connotazione sociale: dalle cantine agli agriturismo, anche se forse la débacle più pesante arriva dal florovivaismo, che dimezza i valori del 2019 (18,3 milioni di euro) scendendo a 9,167 milioni di euro. In contrazione pure il numero delle aziende: a fine 2020 si attestano a 9.662, 142 in meno su base annua (Montichiari primo comune con 340 realtà iscritte in Cdc), con conseguente calo degli addetti a 15.319 dai 16.164 attivi dodici mesi prima. «Nonostante il quadro preoccupante, le aspettative sono positive - dice Garbelli -. Il 2020, comunque, ha segnato una forte propensione all’investimento per gli imprenditori bresciani: c’è voglia di guardare al futuro, ma servono politiche capaci di destinare contribuzioni e risorse ad azioni più mirate a sostenere gli sforzi del comparto. La nostra linea? Proseguire nel solco dell’intensificazione sostenibile, slogan che sposiamo in pieno nel segno di una transizione digitale verso gli strumenti del 4.0, verso l’approccio consapevole alle tecnologie dell’ingegneria genetica, con grande attenzione a nuovi business come l’allevamento degli insetti per uso zootecnico».•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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