L’Alco, scatta la protesta. «Senza stipendi e futuro»

Una delle insegne con le quali il gruppo è operativo sul mercato
Una delle insegne con le quali il gruppo è operativo sul mercato
Una delle insegne con le quali il gruppo è operativo sul mercato
Una delle insegne con le quali il gruppo è operativo sul mercato

I lavoratori del gruppo L’Alco si preparano a incrociare le braccia: proclamato per l’intera giornata di domani lo sciopero in tutti i punti vendita a marchio Despar, Eurospar, Interspar e Cash&Carry Alta Sfera. Una mobilitazione organizzata con il supporto di Filcams-Cgil, Uiltucs-Uil e Fisascat-Cisl regionali, come conseguenza del «preoccupante silenzio calato sulla vertenza dei 750 dipendenti» interessati. «Dopo aver lasciato centinaia di famiglie senza retribuzione e dopo i proclami di presunte trattative e di voler a tutti i costi garantire la salvaguardia occupazionale - si legge in una nota -, i dirigenti sono letteralmente spariti nel nulla». Impegni garantiti anche da Luisa Conter, tra gli amministratori del gruppo con quartier generale a Rovato, durante l’incontro in Prefettura lo scorso 29 gennaio, con il capo di gabinetto Stefano Simeone e i rappresentanti confederali e di categoria di Cgil, Cisl e Uil e le Rsa. Prospettive, però, rimaste disattese. Sindacati e addetti contestano non solo il mancato pagamento degli stipendi da dicembre ad oggi, della Tredicesima e parte della Quattordicesima, ma anche la totale mancanza «di comunicazioni o di informazioni sullo stato di avanzamento delle trattative di cessione», con il potenziale acquirente (un primario gruppo del settore con sede in provincia). In ballo il posto di lavoro per oltre 750 addetti, il 60% dei quali solo nel Bresciano. Attualmente il gruppo, che comprende L’Alco spa, L’Alco Grandi Magazzini spa e Gestione centri commerciali spa, gestisce oltre 40 punti vendita sul territorio regionale, più della metà operativi tra Brescia e provincia. Dopo aver decretato, nei mesi scorsi, la chiusura di 11 punti vendita definiti poco produttivi e il ricollocamento di una parte del personale nelle altre strutture (circa un centinaio di dipendenti ha optato per il licenziamento ma sarebbero ancora in attesa del pagamento del Tfr), la proprietà - nell’ambito del piano di cessione e rilancio delle attività - ha posto come condizione l’uscita, su base volontaria, di circa 250 risorse con un incentivo di 7 mila euro: una somma da riparametrare per gli occupati con contratto part-time, ma definita «inaccettabile e insufficiente» dalle sigle di categoria. A preoccupare anche le condizioni di lavoro: il pesante impatto dell’emergenza sanitaria ha portato a mancati rifornimenti nei negozi e alla difficoltà nel pagare i fornitori. Nel frattempo è atteso un nuovo vertice in Prefettura (sarebbe dovuto avvenire a tre settimane dall’ultimo, quello del 29 gennaio, per monitorare il rispetto degli accordi), ma che, al momento, non avrebbe alcuna indicazione. Nel frattempo, secondo indiscrezioni, sarebbero spuntati interessi anche da altri due importanti realtà del settore che però sarebbero da confermare.•. Ma.Gia. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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