DANNI: COME FARE

Aiuti UE il rischio di beffa doppia

di Giorgio Perini

Giusto invocare il ricorso sia al Fondo di Solidarietà Ue (FsUe) per far fronte a gravi catastrofi naturali, che al solito Pnrr, a fronte del pesantissimo bilancio dei danni materiali (senza dimenticare le perdite umane, purtroppo irreversibili) delle inondazioni dei giorni scorsi in Emilia-Romagna, che si aggrava ogni giorno di più ed è dell’ordine dei miliardi, ma occorre avere idee chiare. Innanzitutto, il FsUe ha risorse limitate: basti pensare che da quando è stato creato, vent’anni fa, gli aiuti concessi cumulativamente a tutti gli Stati membri, per 80 diverse catastrofi naturali, ammontano a circa 5 miliardi di euro, cioè la stessa cifra stimata per i soli danni subiti dall'Emilia-Romagna in questi giorni. Anche se la dotazione per il 2023 del fondo venisse prosciugata per la sola richiesta dell’Italia, non sarebbe sufficiente. La disponibilità, infatti, non coprirebbe neppure i costi di ripristino delle infrastrutture di trasporto (quantificato in più di 600 milioni di euro). Inoltre, il FsUe è finalizzato solo agli interventi di emergenza e prevede parecchie regole che, come sempre nel caso di fondi europei, gli Stati membri devono conoscere ancor prima di chiedere i finanziamenti, se non vogliono scoprire che poi non sono capaci di spenderli (come sta succedendo in Italia con il Pnrr). Per esempio, si applica – mutatis mutandis - il principio «chi inquina paga» (cioè i danni causati da condotte illecite, quali l'abusivismo edilizio, non sono indennizzabili), ma soprattutto è obbligatorio fornire una descrizione di come si è attuata la legislazione Ue in materia di prevenzione e gestione dei rischi di catastrofe. E qui, come si dice, casca l'asino, perché la definizione di «calamità naturale» implica l'imprevedibilità dei fenomeni naturali, ma anche delle loro conseguenze. In altre parole, l’assenza di prevenzione a fronte di rischi idrogeologici largamente prevedibili (tant'è che nel nostro Paese la lista di interventi necessari e mai realizzati o neppure avviati è pressoché infinita) esclude l’imprevedibilità delle possibili conseguenze delle calamità naturali e mette a rischio la possibilità di accedere ai fondi europei. Si dirà che nel nostro Paese la messa in sicurezza del territorio è talmente complessa e impegnativa che non poteva e non può essere affrontata tutta in una volta. Vero, ma qui si rasenta l'incredibile: perfino i nove miliardi del Pnrr (il 5% circa del totale dei fondi a disposizione), dedicati proprio a interventi per porre rimedio al dissesto idrogeologico, non solo non sono stati spesi, ma non si è nemmeno previsto come utilizzarli, tanto che l'attuale governo stava per spostarli su altri progetti, perché anche se si partisse oggi non si riuscirebbe con ogni probabilità a completare gli interventi entro la data limite del 2026. Insomma, rischiamo di non poter accedere al FsUe - per l'emergenza - perché non abbiamo fatto sufficiente prevenzione nemmeno con i fondi del Pnrr, con la conseguenza di perpetuare questa situazione anche per future calamità naturali a causa non solo dell'incapacità di intervenire con mezzi nostri sul dissesto idrogeologico, ma addirittura di mettervi riparo con i fondi europei.

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