DOPO L’EMILIA

Alluvioni e siccità salvare l'Italia

di Federico Guiglia

Quante bombe d’acqua dovranno ancora cadere sulle nostre teste prima che qui, sulla terra inondata dell’Emilia-Romagna e d’Italia, si predisponga un piano per prevenire, innanzitutto, e poi correre con efficacia ai ripari? Di quante informazioni meteo, e statistiche, e riflessioni sui cambiamenti climatici abbiamo ancora bisogno, prima di comprendere che non basta aprire l’ombrello contro certa pioggia, perché anche di pioggia si può purtroppo morire? E il veronese Nicola Dell’Acqua, che il governo guidato da Giorgia Meloni ha appena nominato commissario straordinario contro la siccità per affrontare il tempo dell’emergenza nei mesi della normalità, quando potrà essere operativo? Certo, il suo primo compito rischia d’essere capovolto: se aspettiamo ancora, contrordine, commissario, il suo problema non sarà più la siccità, bensì la piovosità. I fiumi che straripano, non più i ruscelli nel deserto. Ma intanto che possa subito prendere posto e struttura per agire. L’ennesimo dramma dell’alluvione stavolta vissuto tra Ravenna e Bologna (due morti e danni ingenti, oltre mille interventi dei vigili del fuoco e già centinaia di sfollati), impone non solo di fare scelte troppo a lungo disattese - come quella, ora arrivata, del commissario straordinario chiamato a intervenire e coordinare -, ma soprattutto di farle in fretta e bene. Non basta più darsi la pena di decidere: bisogna decidere in tempo, perché è un gran brutto tempo. La pioggia che ha investito l’Emilia-Romagna nelle ultime 36 ore equivale a un quinto di quella caduta in un anno intero. È una lotta impari. Ma non una sfida imprevista né imprevedibile. Non una prova disgiunta dalle tante altre insidie di città e luoghi che nel corso degli anni si sono sviluppati sottovalutando l’importanza di ascoltare le buone ragioni di chi sollecitava a rispettare la natura e l’ambiente. Preoccupazioni e allarmi che decenni fa erano patrimonio di pochi, ma che oggi appartengono a tutti i cittadini, partiti e governi. Lo stesso piano nazionale di ripresa prevede grandi investimenti in materia di ambiente e territori. «Transizione ecologica» sono ormai parole acquisite, 108 le cosiddette misure verdi che sono state individuate per decine di miliardi. Quasi il 40% del Pnrr assorbe quest’aspetto di interesse nazionale. Non c’è più nessuno da convincere: contro le pur chiamate «calamità naturali» moltissimo si può e si deve fare. E allora, forza, lo si faccia.

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