L’EDITORIALE

Autostrade allo Stato e il passato che ritorna

di Ernesto Auci

Il commento di un analista dice tutto sulla decisione dei soci di Atlantia di accettare l'offerta della Cassa depositi e prestiti (insieme ad alcuni fondi esteri) per cedere la società Autostrade per l'Italia: «Era l'unica offerta che c'era, e l'alternativa sarebbe stata quella di aprire un lungo contenzioso con lo Stato dall'esito imprevedibile». Insomma le Autostrade tornano alla gestione pubblica. Una scelta fatta dal Governo Conte, soprattutto con intenti punitivi nei confronti dell'azionista di maggioranza di Atlantia e cioè la famiglia Benetton dopo il crollo del ponte Morandi di Genova. Nulla infatti assicura che la gestione pubblica sia migliore e più affidabile di quella privata. Chi farà le manutenzioni e come saranno pagate? Non sarà che le tariffe autostradali invece di diminuire, come promesso, aumenteranno? Dopo l'Alitalia, l'Ilva di Taranto e altri interventi minori, prosegue la ripubblicizzazione della nostra economia con l'ingresso dello Stato in società chiave per la complessiva competitività delle imprese italiane. È una spinta voluta soprattutto dai grillini. C'erano sicuramente altri sistemi per far pagare ad Atlantia e quindi ai Benetton, le colpe per il crollo del ponte Morandi. Sarebbe stato giusto potenziare i controlli da parte del ministero, e sarebbe stato sacrosanto far pagare all'azienda il costo dei danni arrecati alle cose e alle persone. Così invece si pagano circa 9 miliardi ad Atlantia che, detratti i debiti, si troverà con una liquidità di oltre 5 miliardi. Presumibilmente tale somma sarà investita all'estero dove Atlantia già possiede rilevanti interessi. Complessivamente per l'Italia non sembra sia un buon affare. Ma con l'ideologia di Conte e dei grillini non si ragiona.Questo ulteriore ampliamento del perimetro dello Stato va esattamente in direzione opposta a quello che proprio ieri ha detto il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco nella sua Relazione all'assemblea degli azionisti della Banca. Visco ha infatti insistito sulla necessità che il maggior ruolo dello Stato riguardi più la qualità dei servizi che la quantità delle cose di cui vorrebbe occuparsi. L'economia italiana, come del resto quella mondiale, stanno superando la crisi sanitaria e imboccando la strada della ripresa. Per noi la crescita potrebbe essere quest'anno di oltre il 4% e proseguire pure il prossimo. L'inflazione riguarda solo alcune materie prime importate, ma per ora non sembra destinata a scaricarsi sui prezzi al consumo che infatti sono ancora in ribasso. Visco ha ricordato alcune semplici verità: i sostegni pubblici sono destinati ad esaurirsi, e quindi occorrerà far partire gli investimenti e le riforme per creare nuovo lavoro. Questo è possibile a patto che il piano presentato da Draghi a Bruxelles venga attuato rapidamente e per intero. In particolare Visco ha insistito sulla necessità di rivedere la giungla degli ammortizzatori sociali e varare finalmente le politiche attive del lavoro per dare una formazione sia ai 3 milioni di giovani che non studiano e non lavorano, sia a coloro che devono uscire dai settori in declino e collocarsi in quelli in crescita.Non si può vivere di sussidi pubblici - ha detto - occorre che tutti partecipino a costruire una nuova opportunità per l'Italia. Tutto sembra poter favorire la nostra ripresa. Anche sui mercati internazionali sembra dimenticato il nazionalismo di Trump. Dobbiamo solo imboccare la strada giusta e abbandonare quella erronea che stiamo ancora percorrendo, come dimostra la pubblicizzazione delle Autostrade..

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