Il nuovo leader

Bankitalia e le sfide per il Paese

di Antonio Troise

Nessuna cerimonia ufficiale o un evento simbolico come la tradizionale consegna della «campanella» prevista a Palazzo Chigi fra il premier che entra e quello che esce. Solo un brevissimo comunicato istituzionale per annunciare l’arrivo del nuovo governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, oltre agli auguri affidati ai social: «Buon lavoro Governatore. Bentornato con noi in Banca d'Italia». Tutto qui, in linea con lo stile sobrio dei saloni ovattati di Palazzo Koch. L’avvicendamento con Ignazio Visco, l’uomo che per dodici anni ha guidato l’istituto di Via Nazionale, era stato già annunciato il 28 giugno scorso, dopo giorni ad alta tensione nei rapporti fra la premier, Giorgia Meloni e la Banca centrale europea, soprattutto per i rialzi a raffica dei tassi di interesse. All’epoca Panetta era nel board dell’istituto di Francoforte, ma non aveva mai nascosto le sue preoccupazioni sugli effetti «recessivi» di una stretta monetaria troppo rigida e insistendo, dati alla mano, sul carattere «esogeno» dell’inflazione. Ora il suo posto sarà preso da Paolo Cipollone, che da direttore generale di via Nazionale traslocherà a Francoforte, lo stesso percorso seguito dal neo-governatore. Nella continuità istituzionale che rappresenta il marchio «di fabbrica» della Banca d’Italia, Panetta e Visco sono diversi, e non solo dal punto di vista tecnico e caratteriale. Ma le sfide e i nodi da sciogliere restano gli stessi. A cominciare dal problema numero uno, quello del debito pubblico, rimarcato dall’ex governatore proprio nella sua ultima uscita ufficiale, alla giornata mondiale del risparmio. Ed è qui che Panetta giocherà, probabilmente, ancora il ruolo della «colomba» nei confronti dei «falchi» tedeschi della Banca centrale europea, invocando una politica ancora più «prudente» sui tassi, per evitare di «guidare a fari spenti nella notte», come aveva sentenziato qualche mese fa ricordando i versi di una canzone di Battisti. Ma non è solo una questione di «interessi». Da ex membro della Bce, Panetta potrebbe avere qualche difficoltà in più a digerire l’ostilità dell’attuale Esecutivo nei confronti del Mes, il nuovo meccanismo «salva-Stati» che solo l’Italia non ha ancora ratificato. Così come dovrà gestire uno scenario economico e geopolitico da brividi, considerando i venti di guerra che spirano dall’Ucraina al Medio-Oriente. Per non parlare, poi, della difficile situazione italiana, con un Pil tornato alla triste stagione dello zero virgola e margini di finanza pubblica pressochè inesistenti (vedi alla voce manovra 2024) per spingere sulla crescita. Dalla sua parte giocherà sicuramente il buon rapporto con il governo di centrodestra, che già lo aveva opzionato come ministro dell’Economia prima della scelta di Giorgetti. Panetta che ha percorso tutta la sua lunga carriera in Bankitalia, sa come muoversi nell’ala riservata al piano nobile di Palazzo Koch dove si riunisce il direttorio e dove è situato l'ufficio del governatore. Da qui dovrà vigilare sul sistema bancario, che è riuscito a superare la fase più acuta della crisi post-Covid. Ma da qui dovrà soprattutto ispirare le scelte economiche dell’Esecutivo, pur nell’indipendenza dei ruoli e delle funzioni e nel rispetto dell’autonomia dell’Istituto. Non sarà sempre facile. Ma da economista abituato a far parlare i numeri e a non usare aggettivi, sarà sicuramente in grado di far sentire la sua voce.

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