OLTRE LE ABITUDINI

Cambiare il nostro modello di lavoro

di Franco A, Grassini

Quando pensiamo alla nostra vita lavorativa è spontaneo ritenere che non ci siano possibilità diverse da quello che già stiamo facendo oppure, se cominciamo a entrare nel mondo del lavoro, a quello per il quale siamo stati educati o addestrati. Si tratta, invece, di un grosso errore. Se non riusciamo a cambiare questa mentalità il mondo a cui facciamo riferimento, in particolare quello occidentale nel quale viviamo, non andrà molto avanti perché la competizione nei nostri confronti da parte degli altri modelli occupazionali, in particolare quelli della Cina e dell’Asia nel suo complesso, rischia di distruggere il nostro mercato e danneggiare le nostre economie, a causa di salari molto più bassi e di capacità di innovazione non trascurabili. Chi osserva tale situazione è portato a pensare che erigere barriere doganali e ostacoli alla libera circolazione di persone e beni possano essere sufficienti a ridurre, se non addirittura eliminare questa concorrenza, ma sbaglia profondamente perché la storia ci insegna che i Paesi che hanno cercato di chiudersi in sé stessi prima o poi sono stati superati e molto spesso anche battuti non solo economicamente, ma anche politicamente da quelli che avevano la capacità e anche il coraggio di percorrere strade nuove. L’avanzata della Cina, dopo le incertezze registrate durante il periodo pandemico, è un chiaro esempio a tale riguardo. La creazione di barriere doganali non è servita perché l’innovazione nei prodotti e nel metodo di costruirli li ha resi così attraenti che la gente, i consumatori nel loro insieme, li ha acquistati anche quando le menzionate barriere li rendevano piuttosto costosi. Occorre, quindi, che l’Europa, e in special modo l’Italia, si diano molto più impegno di quello che fanno adesso per innovare prodotti e metodi di produzione. Occorre, in altri termini, creare alternative concrete al modello attuale. Non è facile, d’accordo. E incentivi fiscali e finanziari all’innovazione non sempre riescono a dare vita a processi virtuosi di avanzamento tecnologico. Occorre soprattutto fantasia. Noi italiani in passato ne abbiamo avuta parecchia in campo artistico, ma poca in ambito economico. Perché questo avvenga è necessario migliorare la nostra cultura e formazione. È, quindi, opportuno che politici ed economisti sentano la loro responsabilità in tale ambito. Speriamo sappiano maturare presto.

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