DOMENICA AL VOTO

Cittadini e politica distanze siderali

di Davide Rossi

Mancano pochi giorni al voto. Stiamo assistendo ad una campagna elettorale figlia di questi tempi, con la percezione che un ancora elevato numero di elettori non abbia ancora deciso non solo a chi dare la propria preferenza, o se andare a votare. E il dato assodato sembra essere, nelle piazze maggiori, il ritorno alle urne per il ballottaggio. Studi sui riverberi social della campagna elettorale nella vicina Verona rivelano aspetti allarmanti: la poca attenzione da parte degli utenti delle maggiori piattaforme virtuali di comunicazione. Il dato non è purtroppo locale, bensì nazionale. La disaffezione nei confronti della politica – anche di quella amministrativa o locale, da cui maggiormente dipende la quotidianità dei cittadini – è arrivata a un punto di rischio che va affrontato: essa è percepita e vissuta come un qualcosa di lontano, un argomento che riguarda “altri”. I motivi sono complessi e hanno un cuore antico: alla politica si associa un concetto negativo, viene avvertita come un luogo di affari, un esercizio non professionalizzante non sempre premiante le competenze. Per non parlare del tema referendario, pressoché assente nel dibattito pubblico e identificato quasi come un fastidio, un’incapacità della classe politica di risolvere questioni delicate e complesse che vengono, di conseguenza, riversate sul popolo. Addirittura la presenza di sei schede – cinque per il referendum, cui aggiungere (dove previsto) quella per il sindaco – è recepita come elemento di confusione, di disturbo. Se quarant'anni fa avessero chiesto in un'aula della facoltà universitaria quanti erano coinvolti in attività politiche, l'80% avrebbe risposto affermativamente, mentre chi non rispondeva molto probabilmente era legato a frange più estremiste e preferiva tacere. Oggi paradossalmente siamo a una distanza siderale da quei valori. I temi non scaldano, i processi decisionali distanti e articolati. In verità l'impegno e lo zelo da parte degli innumerevoli candidati sindaci e consiglieri comunali non manca, ma ugualmente si fatica ad attecchire sull'opinione pubblica. È ormai un problema endemico che coinvolge il concetto stesso di rappresentanza in senso moderno e che rischia di minare alla base tutto il sistema su cui si sorreggono le nostre Istituzioni. E l'appello al voto è necessario, per il bene comune. Il tema si articola in questioni complesse e che invocano una chiamata collettiva alla partecipazione, perché è un fatto il rischio concreto - come sta radicalmente accadendo ormai in molti turni elettorali, compreso quello dello scorso autunno a Roma, Trieste oppure Torino - di avere un sindaco indicato da meno del 25% degli aventi diritto al voto. E di registrare un flop clamoroso per i cinque referendum. D'altronde, è addirittura Winston Churchill - che paradossalmente perse le elezioni dopo aver vinto una guerra mondiale - a ricordarci che «il politico diventa uomo di Stato quando inizia a pensare alle prossime generazioni invece che alle prossime elezioni».In questa sfida si misurerà nelle città chiamate alle urne anche il coefficiente del senso civico della comunità.

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