I MESI DECISIVI

Correre per il Pnrr è vietato sbagliare

di Antonio Troise

Correre, accelerare. Ma senza commettere errori. Anche per evitare quel drammatico gioco dell’oca della burocrazia, sia italiana sia europea, che ad un passo dal traguardo riporta tutte le pedine al punto di partenza. Perché ormai è chiaro a tutti che non c’è più tempo da perdere e che il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, sta diventando la grande questione non solo nazionale ma anche europea. Dalla capacità di spendere i 200 e passa miliardi che l’Europa ci ha affidato dipende non solo un bel pezzo della crescita italiana prossima ventura ma anche il tentativo dell’Ue di scrollarsi di dosso l’immagine della matrigna capace solo di distribuire bacchettate e sacrifici. Per centrare gli obiettivi del Piano il governo ha deciso anche di limitare i cosiddetti «controlli concomitanti» della Corte dei Conti affidando, di fatto, tutta l’attività di vigilanza alle autorità europee. Un modo per evitare lungaggini e semplificare i processi. E per centrare questi obiettivi, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha anche deciso di ricorrere al voto di fiducia, sfidando il no delle opposizioni e le proteste dei magistrati contabili. Ma, polemiche politiche a parte, è ormai evidente a tutti che una parte più o meno ampia dei progetti targati Pnrr dovrà essere rivista o, come dicono i tecnici, «rimodulata». Magari spostando gli interventi che difficilmente possono tagliare il traguardo del giugno 2026, la scadenza inderogabile decisa dall’Ue, verso capitoli di spesa che hanno tempi più lunghi. 
Come, ad esempio, i fondi di Coesione o il cosiddetto «RepowerUe», destinato al settore dell’energia. Del resto, sono tante le «strozzature» che attualmente frenano o addirittura bloccano la spesa: dall’aumento dei costi alla cronica incapacità degli enti locali di aggiudicare opere e aprire i cantieri, dalla frantumazione dei progetti (circa 170 mila) alla labirintica astrusità dei processi amministrativi. Fino, naturalmente, alla sovrapposizione e moltiplicazione dei soggetti che devono realizzare le opere. Come a dire: la questione della Corte dei Conti è solo uno dei tasselli di un «puzzle» molto più complicato, che va riassestato e sistemato al più presto. Proprio per questo, occorre concentrare l’attenzione sul grande male che ormai da decenni affligge il nostro paese: la sua incapacità di passare dalla fase della progettazione a quella dell’attuazione degli interventi. Ovviamente, nessuno può pensare che i controlli siano inutili, superflui o inattuali. Ma è necessario far finalmente coincidere i tempi della vigilanza e delle procedure di controllo e monitoraggio con quelli di un Paese moderno, che ha bisogno di dare risposte immediate ai problemi concreti dei cittadini. Intensificare il ritmo e velocizzare le procedure, insomma, deve significare fare in fretta e bene. Dimostrare che i due termini possono andare di pari passo rappresenta la vera sfida non solo del governo ma di tutto il Paese.

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