OLTRE L’ATTACCO

Difesa dei diritti l'Europa non ceda

di Davide Rossi

È di qualche giorno fa un interessante intervento di Aldo Cazzullo in cui rifletteva sullo «sgomento di noi che non sappiamo più pensare la guerra». Il «noi» era evidentemente riferito alla cultura occidentale ed, in specie, europea, uscita profondamente lacerata dai due conflitti mondiali del primo cinquantennio del Novecento e che ha saputo rialzarsi e fondare il proprio patrimonio genetico su principi quali democrazia, stato di diritto, centralità dei diritti umani, libertà economica e di pensiero, il ripudio della «guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali» come riporta testualmente la nostra Costituzione. Vi è una diversità ontologica tra gli attori in gioco di questo tragico conflitto, diverso da quello - che spesso si tende a non ricordare - sorto a seguito della disgregazione della Repubblica Socialista di Jugoslavia. La differente metodologia che guida le regole del consenso della politica interna delle liberal democrazie da quelle di altri Stati a matrice autoritaria. Putin ha minacciato di gravi ritorsioni Svezia e Finlandia, qualora i due Paesi scandinavi, oggi neutrali, dovessero aderire alla Nato. È il vecchio ordine di Yalta, quando Stalin, Roosevelt e Churchill decisero di coprire con la foglia di fico delle Nazioni Unite la spartizione dell'Europa e del mondo fra Occidente americano e Russia sovietica. In tutto questo l'Ue mostra ancora una volta le sue debolezze e carenze strutturali. Tutta protesa verso gli aspetti economici e finanziari, appare frastagliata dalle politiche dei Paesi membri, in cui i vari interesse nazionali in gioco non sempre convergono. La mancanza di leadership è sotto gli occhi di tutti e l'assenza della Cancelliera Angela Merkel, che Putin ha sempre rispettato, si sente in modo preponderante. L'idea di predisporre sanzioni che potrebbero paradossalmente trasformarsi in un'arma a doppio taglio, in cui forse sarebbe penalizzata maggiormente l'economia dei paesi sanzionatori, palesa la difficoltà di trovare un valido canale di comunicazione con il Cremlino per cercare di far rientrare il conflitto appena cominciato e di cui non si possono prevedere le prospettive. Senza scomodare il problema dei rincari delle materie prime, pensiamo solamente ai rapporti commerciali - coltivati in questi ultimi decenni - che il Veneto e le regioni del nord Italia hanno con il mercato russo. Questo nuovo scenario, inoltre, apre ad equilibri mondiali altrettanto incerti, con un asse russo-cinese che potrebbe trovare nell'Iran un altro solido alleato. Da tempo la Repubblica Popolare Cinese non nasconde le sue ambizioni di conquista nei confronti di Taiwan. Le incertezze europee e statunitensi potrebbero alimentare tali mire e aprire un altro fronte. Churchill fu forse l'unico tra gli esponenti politici mondiali a manifestare, sin dai primi anni Trenta, preoccupazione verso il regime instauratosi in Germania: «L'intera storia del mondo si riassume nel fatto che quando le nazioni sono forti, non sempre sono giuste, e quando aspirano a essere giuste spesso hanno smesso di essere forti». Fu chiamato a ricoprire la carica di Primo Ministro nel 1940, quando ormai l'Europa bruciava. Oggi siamo ancora in tempo per evitare un'escalation, ma la diplomazia occidentale deve dimostrare lungimiranza e capacità di non cedere sui propri valori.

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