L’EDITORIALE

Giustizia e processi intesa raggiunta

di Federico Guiglia

Non sull’economia, dove sarebbe bizzarro voler spiegare a Mario Draghi che fare per spingere la ripresa al massimo. Né sulle vaccinazioni, che la grande maggioranza degli italiani richiede per tornare alla «libertà nella tranquillità», e che procedono di giorno in giorno al passo del generale Francesco Figliuolo. In realtà, la vera prova del nove per il governo di unità nazionale era diventata la riforma della giustizia. Sulla quale il Movimento «5S», temendo rischi d’impunità per la mafia, si era impuntato, minacciando l’astensione dopo che il presidente del Consiglio aveva annunciato l’eventualità di porre la fiducia in Parlamento al testo del ministro della Giustizia, Marta Cartabia. Perché il governo considera tale riforma così rilevante, da volerla approvare subito al costo, all’occorrenza, di porre il proprio destino nelle mani della sua composita e agitata maggioranza. Invece, dopo giornate di forte tensione e paziente mediazione con i pentastellati, il Consiglio dei ministri ha trovato l’accordo unanime. «Saranno ritirati tutti gli emendamenti», esulta la ministra Cartabia, che ora vede luce verde. In cambio di una corsia speciale introdotta per i processi di mafia, terrorismo, violenza sessuale e traffico di stupefacenti, che potranno essere prorogati oltre i rigorosi limiti di tempo previsti, cioè i due anni per l’Appello e un altro per la Cassazione, a pena dell’improcedibilità. Per la criminalità mafiosa si potrà, invece, arrivare a 6 anni in fase transitoria, 5 a regime. Segue a pag.4

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