CALCIO E SFIDE

Gli europei si vincono se si evita il contagio

di Federico Guiglia

Non poteva che essere il calcio, lo sport più popolare del pianeta, a dare il segnale della rinascita. Ma anche il Campionato europeo, che si gioca in maniera itinerante - a Roma è cominciato, a Londra finirà - non può sottrarsi alle nuove regole della nuova normalità. E i primi ad aver capito che i tifosi dovranno rispettare una sorta di sovranità limitata (stadi a capienza ridotta e tutti con prove documentali di non essere contagiosi, e con mascherina sul volto), sono proprio gli inglesi, in arrivo con la loro Nazionale nella capitale per il dentro o fuori con l’Ucraina, sabato prossimo. «Tifate, ma da casa davanti alla tv», è la saggia raccomandazione del governo britannico. Anche perché, chi venisse in Italia da oltre Manica - dove la pandemia è tornata a galoppare sull’onda dell’insidiosa variante Delta - dovrà attenersi a una quarantena di cinque giorni. Impossibile rispettare le norme in tempo. Le autorità italiane stanno intensificando i controlli agli aeroporti, prima ancora che all’Olimpico: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Le scene che si sono viste altrove sugli spalti, sono da brividi: tutto esaurito, gente che si abbracciava senza mascherina. Guai se Roma o Wembley (ma siamo sicuri che la finale sarà al sicuro?) si trasformassero in un bis di quell’Atalanta-Valencia a San Siro, il 19 febbraio dell’anno scorso, poi considerato una fonte esplosiva del virus per i cinquantamila spettatori allora ignari di tutto. Ma oggi sappiamo. La tattica migliore per vincere l’Europeo? Evitare il contagio.

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