Non era la misura principale della manovra, ma ne rappresentava un segnale di cambiamento che il governo rivendicava: cancellare le sanzioni per gli esercenti che si rifiutano di accettare pagamenti elettronici sotto i 60 euro. In sostanza, la riscoperta dei contanti, che finora era stata sempre scoraggiata dai governi in successione con obblighi per i commercianti di accogliere il bancomat o le carte di credito. A questa novità per i pagamenti più piccoli, si aggiunge il contestuale innalzamento dagli attuali duemila a cinquemila euro del possibile utilizzo di banconote e spiccioli per transazioni a partire dal nuovo anno. Un limite che, senza quest’intervento, dal primo gennaio si sarebbe invece abbassato a mille euro, e che nel frattempo il Consiglio Ue ha deciso di portare a diecimila come tetto massimo per tutti i Paesi. Ma la Commissione europea aveva criticato la prima delle due norme perché l’eventuale soglia si discosta dalle raccomandazioni contro l’evasione fiscale e dagli obiettivi previsti dal Pnrr. Impegni che il governo Draghi aveva confermato. Adesso Giorgia Meloni annuncia il ripensamento: se non c’è intesa con l’Ue, «ci inventeremo un altro modo per non far pagare agli esercenti le commissioni sui piccoli pagamenti». Dunque, il governo dovrebbe far saltare la controversa innovazione dalla Legge di bilancio e inserire i crediti d’imposta. Certo è che il mondo va verso i pagamenti digitali per ragioni di sicurezza, trasparenza e rapidità. E poi Bruxelles ci ricorda che c’è un’altra buona ragione, ovvero gli impegni già presi dall’Italia.