DOVE VA IL GOVERNO

Guerra Pil e tasse la sfida di Draghi

di Federico Guiglia

Il cessate il fuoco in Ucraina è ancora lontano, ma almeno lo scontro sul gas per l’Italia sembra per ora scongiurato. Le forniture da Mosca non saranno tagliate, ha assicurato Putin a Draghi nel corso di una telefonata fatta dal nostro presidente del Consiglio per sbloccare le fondamentali esportazioni di grano a beneficio dei Paesi più poveri del mondo. Per caso ha sentito anche spiragli di pace da parte dell’interlocutore? «No», la secca risposta di Draghi. Naturalmente l’impegno di Putin sul gas, tutto da verificare e riguardante anche altre nazioni d’Europa, non esime il governo dal continuare a cercare fonti alternative per non dipendere più dalla Russia per il 40 per cento del fabbisogno nazionale. Ma al traguardo dell’indipendenza economica forse si potrà arrivare con una maggiore e finora insperata fiducia, cioè con tranquillità. Un’altra e più concreta prova di fiducia arriva invece dall’Istat, che rileva nel mese di marzo un aumento del fatturato dell’industria al netto dei fattori stagionali come il più alto da gennaio 2000. Nonostante gli effetti della guerra sull’economia. La terza iniezione di fiducia è piccola, ma non meno significativa, perché rappresenta la riduzione più consistente degli ultimi sei anni, come ha sottolineato il presidente del Consiglio. Si parla del calo della pressione fiscale che il governo prevede per quest’anno: lo 0,4 per cento in meno rispetto al 2021. Siamo ancora distanti dall’abbattimento robusto e strutturale da tempo sollecitato per far volare i consumi e la ripresa. Raggiunto il compromesso sulle concessioni balneari, Palazzo Chigi non vuole che si perda altro tempo sulla delega fiscale. Appena dal Senato si è spianata la strada per l'approvazione del ddl concorrenza (in Aula lunedì per il voto), il sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Roberto Garofoli, ha convocato per una riunione serale i rappresentanti dei partiti di maggioranza: «Dobbiamo chiudere la delega fiscale». Un obiettivo che il premier Mario Draghi è convinto di poter incassare. Non a caso in serata ha tenuto a ricordare che di «aver passato in rassegna gli obiettivi del Pnrr che devono essere raggiunti entro fine giugno». Poi ha aggiunto: «Sono molto tranquillo, rispetto al raggiungimento di questi obiettivi, che saranno tutti raggiunti». Intanto i partiti di maggioranza al termine dell'incontro hanno messo a verbale di aver raggiunto un'intesa politica anche su questo fronte e di essere pronti a ripartire con l'esame in Parlamento. Ora non resta che attendere la riformulazione del testo. La delega fiscale, che per il presidente del Consiglio non è meno importante dei provvedimenti direttamente collegati alla road map per il Pnrr, è in stallo da quando l'8 marzo la commissione Finanze ha approvato la riforma del catasto con il voto contrario di Lega e FI. Una ventina di giorni fa Salvini e Berlusconi hanno ottenuto da Palazzo Chigi una riscrittura del testo, rivendicando di aver «sventato una patrimoniale sulla casa» ma ora quell'intesa deve entrare in un accordo di maggioranza, con le richieste avanzate anche da altri partiti. Ad esempio quella del Pd di dare priorità ai redditi medio-bassi se si tagliano le aliquote Irpef. O quella del M5s di mettere la tutela del bene casa al centro del riordino del sistema di deduzioni e detrazioni. L'obiettivo di Garofoli era proprio esporre il quadro dopo le interlocuzioni con i vari gruppi per accelerare il raggiungimento di un'intesa, necessaria a far ripartire l'iter in commissione Finanze della Camera e arrivare al voto in Aula il 20 giugno. Intanto la riforma della concorrenza si è sbloccata dopo mesi rinviando la soluzione dell'ultimo nodo, ossia la definizione degli indennizzi per le aziende che dopo anni di attività non ottengono il rinnovo della concessione: se ne occuperà il governo (entro fine anno) con i decreti attuativi. Nella delega sono scomparsi i riferimenti all'avviamento dell'attività, al valore dei beni, a perizie e scritture contabili, contenuti nella proposta di mediazione avanzata dal viceministro Gilberto Pichetto e indigesti a Lega e FI in particolare. Un piccolo ritocco è servito per specificare che dovranno essere «oggettive» le cause di deroga che consentiranno di mettere a gara le concessioni balneari oltre la fine del 2023 (e comunque non oltre il 31 dicembre 2024). Draghi ha ringraziato i partiti e Pichetto per la mediazione che ha portato a una soluzione di compromesso nell'ennesima riunione di maggioranza, convocata di primo mattino. Un paio d'ore in cui non sono mancati momenti di tensione, soprattutto quando la Lega ha chiesto di togliere una norma contro i piccoli e i medi operatori. Ma alla fine l'approvazione è stata accompagnata da commenti di soddisfazione, più o meno convinti, da parte di tutta la maggioranza..

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