Il caso dell'Ici arretrata da restituire è tornato improvvisamente agli onori della cronaca a seguito della notifica agli enti ecclesiastici della decisione della Commissione europea dello scorso marzo che stabilisce, quasi controvoglia, l’ordine di recupero, in attuazione della sentenza della Corte di Giustizia europea. Infatti, la Commissione europea, nella sua decisione originaria, si era dichiarata soddisfatta della trasformazione dell’Ici in Imu e non aveva neanche chiesto di recuperare l'Ici arretrata, alla luce di difficoltà oggettive come il calcolo del dovuto per immobili a uso promiscuo. Se siamo arrivati all’ordine di recupero è stato per i continui ricorsi presentati da soggetti italiani (la scuola Montessori in primis). Ma c’è ancora molta confusione e forse un po' di mala fede in quello che si sente dire in questi giorni. Innanzitutto, destinataria non è solo la Chiesa cattolica, bensì qualsiasi soggetto che, pur agendo formalmente senza alcuno scopo di lucro, abbia svolto anche delle attività che vengono commerciali. La differenza è che per la Chiesa cattolica lo Stato ha un interlocutore unico (la Cei, che nei giorni scorsi ha scritto a tutti gli enti di sua competenza per avviare la procedura). Come farà lo Stato a individuare e raggiungere, uno a uno, la miriade di altri soggetti che, pur avendo lo status di Onlus, esercitavano anche qualche attività economica complementare, per di più in un intervallo di tempo risalente ad almeno 12 anni fa, e che potrebbero nel frattempo non esistere più o, semplicemente, aver «cambiato pelle»? E poi, chi favoleggia di 11 miliardi di euro da recuperare solo dalla Chiesa cattolica, non sa (o fa finta di non sapere) che la stessa Commissione europea, nella decisione di marzo 2023, suggerisce tutta una serie di modalità per ridurre, se non escludere, l’obbligo di versamento, a partire dal fatto che, se l’importo non versato all’epoca non supera i 200 mila euro ogni tre anni per ogni singolo soggetto (ente, associazione o altro), non è dovuto nulla. Siccome parliamo di sei anni, stiamo parlando della sanatoria totale fino a 400 mila euro. Non basta: anche al di sopra di questo importo, la Commissione suggerisce di controllare caso per caso se il beneficio ottenuto non versando l’Ici non si possa far rientrare, in tutto o in parte, in una delle tipologie di aiuti automaticamente compatibili e non soggetti ad autorizzazione preventiva a livello europeo (il problema semmai è la mancanza di esperti capaci di fare questo lavoro, tanto che già sembra che Palazzo Chigi vorrebbe chiedere l'aiuto della Commissione europea, cosa francamente inammissibile). Ancora: se lo stesso immobile, o addirittura gli stessi locali erano adibiti a uso promiscuo, è possibile applicare uno sconto pari alla percentuale di uso non commerciale. Non solo: se l'attività commerciale era puramente «ancillare» (per esempio inferiore al 15% del bilancio annuo) si può ancora una volta escludere l’obbligo di recupero. Insomma, in Italia siamo sempre bravissimi a farci del male da soli, soprattutto per motivi ideologici se non elettoralistici, ma allo stesso tempo ci sono ancora ampi spazi per minimizzare le restituzioni, e questo da qualsiasi soggetto, non solo dal Vaticano. Basta saperli trovare.