FED, BCE E TASSI

Il dilemma che assilla i banchieri centrali

di Francesco Morosini

La Federal Reserve degli Usa continua la lotta all’inflazione. Però il contesto di banche che saltano come tappi di champagne obbliga prudenza. Conseguenza: la crescita dei tassi continua, ma al rallentatore. Con ragione, data la difficoltà dell’agire. Se da un lato la Banca centrale statunitense persevera nella crescita dei tassi (siamo al top dal 2007), dall’altra il suo ultimo passo, il nono da quando l’inflazione si è concretizzata come minaccia, è felpato. Altro indizio di prudenza è che le stime sul picco dei tassi delle Fed restano le stesse (5.1). È un segnale che l’austerity monetaria ha una possibile scadenza. Politicamente è comprensibile. Negli Stati Uniti si avvicinano le elezioni presidenziali e la Casa Bianca odia, in tempi elettorali, austerità e rischi di recessione per l’azione dell’Autorità monetaria. Inoltre Powell fu nominato alla Fed da Trump e con il democratico Biden nell’Ufficio Ovale rischia la graticola. Quindi l’accusa di partigianeria politica pro Partito repubblicano e di sabotaggio contro la rielezione di un presidente democratico. È vero che i custodi della moneta dovrebbero essere protetti dalla politica. Del tutto, però, è impossibile. Forse nemmeno opportuno per evitare poteri fuori controllo. Il confine tra politica e denaro è arduo da definire, salvo analizzare caso per caso. Nondimeno, va considerato che l’indipendenza del Banchiere centrale è costitutiva della divisione liberale dei poteri. Naturalmente alla fine la politica ha la «voce» più grossa. Anche perché, come ricordava già anni fa l’allora Governatore di Bankitalia, Guido Carli, il Banchiere centrale deve tener conto delle contingenze politiche e della stabilità del sistema. Lo dimostra la speranza di soft lending (atterraggio morbido) che spesso accompagna una stretta monetaria. Cioè: pochi guai per chi l’attua. L’incubo è quello dei crolli bancari, del resto presenti in questo inizio di primavera da entrambe le sponde dell’Atlantico. Il presidente della Fed, Jerome Powell, ne è consapevole. Tant’è che in funzione anti-panico ricorda che il sistema bancario degli States è solido. Ma soprattutto che in caso di guai si interviene. È un messaggio pure all’Europa cui si ricorda che le reti di sicurezza della Fed sono attive a difesa dai contagi da default bancari. Oggi forme di disordine monetario euroatlantiche sarebbero pericolose. Possibili di sicuro, da evitare altrettanto. Anche per questo in Fed e Bce la paura di recessione «chiude le ali» ai falchi dell’austerità monetaria. Il tallone d’Achille sono le aziende di credito. Qui il Banchiere centrale tende alla schizofrenia. Bellicoso contro l’inflazione e, all’opposto, in veste da pompiere ai primi «incendi bancari». Il fatto è che le banche sono fragili (di necessità operano su valori di molto superiori a quelli del loro patrimonio, lo scudo difensivo). Pertanto, basta un granello di sabbia per far saltare un istituto di credito con rischio di contagi diffusi. È il timore dei Banchieri centrali, qui pronti ad aprire la borsa nel mentre alzano i tassi contro l’inflazione. Insomma, l’azione del presidente della Fed parla anche a Bce ed Eurozona. Le Autorità monetarie euroatlantiche (naturalmente la cosa riguarda pure le giapponesi) hanno risposto alle crisi del XXI secolo azzerando i tassi d’interesse e monetizzando i debiti pubblici. Ciò ha spinto molte istituzioni creditizie a cercare rendimenti in obbligazioni a lungo corso, più rischiose. Ora che i tassi salgono, queste - pubbliche e private - soffrono (nel mercato sono cedibili a un prezzo minore del facciale perché il rendimento deve corrispondere al maggiore interesse sul mercato). Questo segna perdite potenziali nei bilanci delle banche e mina la stabilità monetaria. Il dilemma del Banchiere centrale è come tener botta all’inflazione senza destabilizzare finanza ed economia reale. Possibile? Forse ma difficile con la sola politica monetaria. Tornano in gioco, come spesso diceva il Draghi allora Banchiere centrale, politica e finanza pubblica.