L’EDITORIALE

Il fattore politico condiziona la ripresa

di Carlo Pelanda

Il potenziale di crescita del Pil italiano 2021 è sul 7%, ma alcuni fattori stanno rallentando la ripresa in tutta l’Ue: scarsità di materie prime e di componenti importate, timori epidemiologici e rischi di inflazione. Infatti la produzione industriale italiana ha avuto un calo (- 0,7%) a luglio. Inoltre, in Italia c’è un problema paradossale: le imprese cercano centinaia di migliaia di lavoratori specializzati che non riescono a trovare mentre la disoccupazione resta elevata. Questi fattori, in parte temporanei, terranno la ripresa sotto il suo potenziale, portandola verso il 5,5 – 6%, qualora l’impatto della quarta ondata virale sia mitigabile, come è probabile grazie alle vaccinazioni. Quindi l’ottimismo sarebbe giustificato. Ma per consolidarlo dovrebbe essere confermato un fatto: la capacità della politica di attuare più di 50 riforme – dieci entro il 2021, tra cui l’avvio di quella fiscale - richieste dall’Ue come condizione per erogare 190 miliardi, più altri 20, entro il 2026. L’anticipo sarà erogato entro agosto. Ma il grosso sarà dato in base ad un cronoprogramma, con il diritto dell’Ue di bloccarlo in caso di inadempienza. Se tutto andasse bene, l’Italia potrebbe recuperare nel 2024 quanto perso dal 2007 grazie all’impulso dei denari europei e rimettersi in una situazione di equilibrio tra debito e Pil aumentando il secondo. Ma se ci fosse disordine politico, il grande entusiasmo di oggi si trasformerebbe in disperazione nazionale. La politica l’ha capito? Pare di sì, ma ci sarà bisogno di conferme continue.

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