LA SFIDA IN PIÙ

Il nuovo esecutivo e l'eredità di Draghi


Tra le eredità lasciate da Mario Draghi al nuovo governo, guidato da Giorgia Meloni, c’è la Nota di aggiornamento al documento di Economia e Finanza 2022 (il cosiddetto Nadef). È testo cruciale per l’elaborazione della prossima Legge di bilancio, in quanto definisce le linee principali e i vincoli interni e internazionali entro cui l’economia italiana si troverà a muoversi. Il fatto che vi sia una cesura politica tra l’esecutivo di matrice tecnico/politica che ha elaborato la Nadef e quello nascente in toto politico evidenzia i necessari elementi di continuità nell’attività di governo. In specie nell’immediato, dovendo poi prevalere nei limiti del possibile l’indirizzo politico della maggioranza vincitrice le elezioni. Certo, questa può decidere di bypassare i vincoli con scelte di politica di spesa e tributaria che diano priorità alle proprie impostazioni ideologiche. Letteralmente, ci ha provato il premier britannico Liz Truss alla quale tuttavia i mercati hanno imposto una dura parabola negativa. Pare però certo che la leadership del nuovo governo italiano abbia i nervi saldi e la serietà di evitare di farsi trascinare dagli eccessi retorici della campagna elettorale; ma di questo si vedrà. Comunque vada, è la Nadef il quadro macroeconomico di riferimento su cui necessariamente il nuovo esecutivo a guida Meloni imposterà le proprie politiche pubbliche. Insomma, la Nadef è lo spartiacque giuridico amministrativo e politico tra i due governi. Nonché un’importante base materiale su cui in primis la nuova inquilina di Palazzo Chigi e il suo ministro del Tesoro dovranno dare forma alla Legge di bilancio. Materia questa tutta politica perché attiene alla distribuzione delle risorse pubbliche, cioè ai valori delle diverse aggregazioni partitiche. Infatti, poi spetta al Parlamento, secondo quanto prescritto dalla Costituzione, a conferire all’esecutivo il potere di spesa. Ma questa discrezionalità politica, salvo suicidi governativi in stile britannico, è limitata dai vincoli macroeconomici, a partire dal rapporto deficit/Pil, che purtroppo tendono al brutto. Per il professor Mario Baldassarri, autorevole studioso, il governo deve evitare la tempesta perfetta, ovvero una dura caduta recessiva con conseguente attacco speculativo al debito pubblico sovrano. Come fare? Evitando uno scostamento di bilancio, a favore del quale vi saranno forti pressioni sia dentro il Consiglio dei ministri che in Parlamento. Sono da respingere al mittente altrimenti il rischio di dare fuoco alle “praterie” della nostra stabilità finanziaria è elevatissimo. In condizioni analoghe i “No euro” avrebbero detto che i vincoli alla finanza pubblica dipendono dalla rinuncia alla Banca centrale nazionale. No, come dimostra la caduta della Truss. In verità, la politica è attratta dal ricorrere allo scostamento di bilancio in quanto nell’immediato evita perdite di consenso politico perché le risorse da distribuire sono subito disponibili mentre il costo di esse pare perdersi nel calderone del debito pubblico. Illusioni; meno azzardato è di lavorare a risorse date ma ridefinirne le priorità anche partendo dal deficit previsto dalla Nadef (54% del Pil di spesa e 49% di entrate). Forse la coalizione di governo pagherebbe pegno più che facendo debito; ma neppure è detto, se evitasse il burrone preannunciato dal risveglio dello spread. Il nuovo governo rischia l’esercizio provvisorio (spesa limitata all’ordinaria amministrazione e danno reputazionale del Paese) fallendo l’approvazione della Legge di bilancio entro il 31 dicembre? Molto dipenderà dall’opposizione. Nel 2021 l’azione in Aula di Fdi lo evitò a Draghi. Oggi, ma a parti invertite, che succederebbe? Un’incognita sul clima politico della nuova legislatura. 

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