editoriale

Il segnale della BCE e i rischi per l'Italia

di Francesco Morosini
SCENARI ECONOMICI

Talvolta, il silenzio è fragoroso. Quindi, se era attesa la decisione del Consiglio direttivo della Bce della scorsa settimana che, pressato dall’inflazione, ha annunciato dopo 11 anni la fine dell’era dei tassi negativi, invece fa rumore il suo silenzio sul futuro dello scudo anti-spread, specie considerando che a luglio finiranno da parte dell’Eurotower quegli acquisti straordinari di obbligazioni pubbliche che nei mesi del Covid hanno evitato il default di Eurolandia. Certo, la Bce reinvestirà alla scadenza i titoli comprati per il Programma anti-pandemia e, qualora non bastasse, la presidente Christine Lagarde conferma che l’Istituto interverrà per evitare la segmentazione via spread dell’Euroarea in tanti mercati monetari separati; ma sul “come” rimane il silenzio. Forse la Bce ha deciso una partita a poker con i mercati, però pronta a tirar fuori un asso qualora questi, volendo vedere il bluff, spingessero l’euro al limite dell’implosione, come già accadde nel 2011. Questione delicata per il Belpaese, dato il nostro debito pubblico eccessivo; d’altronde, l’italica passione per gli scostamenti di bilancio (nell’illusione che l’onere fiscale ricada oltralpe) ci espone a rischio. Ciò posto, per capire le decisioni di Francoforte vanno pure considerate le divergenze d’interesse e le mediazioni interne al Sistema europeo delle Banche centrali (Sebc). L’Eurotower vuole preservare l’euro, essendo il senso primo della sua missione; ma mette dei paletti cui vorrebbe, salvo imprevedibili cigni neri sociopolitici, restare fedele.
Quindi, svolta sui tassi per spezzare le aspettative inflattive, peraltro ben sapendo che questo, attraverso i differenziali di rendimento dei titoli pubblici, «illumina» nuovamente il rischio paese.In questa prospettiva, come detto, se il silenzio sullo scudo anti-spread (sul «come» e sulle sue condizionalità) deciso dalla Banca centrale europea invoglierà i mercati a cercarne il bluff, ovvero il suo punto di rottura, per l'Italia, che su questo fronte è in prima linea, sarà davvero dura.
È evidente che la Bce, fintantoché esisterà in Eurolandia la volontà di evitare l'euro-crash, agirà. Nondimeno, se è lecito fare qualche ipotesi, starà alla finestra più a lungo possibile, pur nel caso lo spread inizi ad agitarsi più del consentito. All'ultimo istante aprirà lo scudo, ma solo quando le tensioni sulle obbligazioni pubbliche colpiranno il mercato bancario, frammentandolo nazionalmente fino a impedire «la corretta trasmissione della politica monetaria» (così la presidente Lagarde).Qui forse l'Eurotower, richiamando il rischio corso nel 2011, suggerisce di evitarlo, accettando da subito più disciplina di bilancio. Probabilmente, c'è un altro messaggio dei «falchi del rigore» nordici che, con ragioni, abitano nell'Eurotower. Ed è che la Bce si liberi della «dominanza fiscale» che alla stabilità dei prezzi antepone la salvezza «politica» di un paese dell'Euroarea in difficoltà. Meglio allora, dice la voce maggioritaria in Bce, farlo a patto di dure condizionalità. Il sostegno facile di Francoforte per pandemia chiude: è un preciso segnale politico. L'Italia lo coglierà?

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